Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21346 - pubb. 08/03/2019

Liquidazione assistita nella continuità finalizzata alla cessione

Tribunale Firenze, 12 Febbraio 2018. Pres., est. Governatori.


Concordato preventivo – Continuità aziendale – Azienda che opera in perdita – Liquidazione assistita

Concordato preventivo – Continuità aziendale – Requisiti – Azienda ormai esangue, incapace di funzionare e tenuta in vita solo per essere ceduta – Applicazione della disciplina e dei benefici della continuità – Esclusione



A fronte di una azienda che sia tecnicamente incapace di salvaguardare i propri fondamenti economici e sappia solo disperdere attivo, non può ritenersi che la proposta concordataria sia qualificabile in termini di continuità aziendale, bensì di cessione secondo logiche difensive e di riduzione della (progressiva) perdita di valore, tale da giustificare la qualifica del concordato in termini di “liquidazione assistita”, avendo consentito non già la prosecuzione, bensì “il non arresto” dell’attività, di preservare alcuni valori dell’attivo - nel doveroso rispetto da parte di amministratori di una società in crisi dell’obbligo di conservazione del patrimonio aziendale, che trova la sua fonte nel combinato disposto degli artt. 2394 e 2485-2486 c.c.

[Il tribunale ha rilevato che, nel caso di specie, la prosecuzione (temporanea) dell’attività - che ha generato importanti perdite - non ha prodotto alcun profitto ripartibile ai creditori, ma è stato unicamente funzionale ad una cessione del ramo d’azienda non deprivata interamente del suo valore.] (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

Alla concessione degli importanti benefici collegati alla qualificazione del concordato preventivo in termini di continuità aziendale, deve corrispondere anche il rispetto di requisiti stringenti di utilità per la massa, il che presuppone che la maglia di protezione delle norme concordatarie debba essere funzionale alla preservazione di un’azienda vitale, non alla cessione di un’azienda decotta e che l’opzione concordataria non arrivi al termine di un calvario gestionale, ma sia la soluzione meditata per l’uscita da una situazione di crisi monitorata e “presa per tempo”.

Non può dunque ricondursi nell’alveo della continuità aziendale una realtà ormai esangue, incapace di funzionare e tenuta in vita solo per essere ceduta, ciò non tanto perché, altrimenti, non ricadrebbe sui creditori il rischio d’impresa (che, invece, pare esservi sempre anche in ipotesi di finale cessione che, per molteplici motivi, potrebbe non realizzarsi), ma in quanto la continuità aziendale non può essere separata dalla vitalità dell’impresa intesa in senso atomistico.

Ciò si desume dalla previsione dell’art. 186 bis l.fall., la quale consente (e impone) sempre la revoca del concordato “in continuità” in caso di manifesto danno arrecato alle ragioni della massa creditoria: un concordato in continuità dannoso, molto semplicemente non è un concordato in continuità, ma, al più, liquidatorio e ciò può anche non essere separato da un breve tentativo di prosecuzione dell’attività aziendale volta a proteggere, proprio in un’ottica di miglior dismissione ma non di continuità e valorizzazione, certi specifici assets aziendali. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



Segnalazione del Dott. Diego Carnielli


I. A seguito di domanda depositata il 30.6.2017 ex art. 161 comma 6 l.fall. il Tribunale ha assegnato alla società Bra. S.p.A. il termine richiesto, poi prorogato, nel rispetto del quale la società ha proposto ai propri creditori un concordato preventivo senza formazione di classi nel quale è previsto un breve periodo di continuità aziendale - con richiesta di cessione dell’azienda in esercizio sulla base di un’offerta di acquisto - e all’esito la liquidazione di tutti i beni.

La proponente ha esposto che con l’attivo in tale modo ricavabile, sarebbe stato possibile soddisfare integralmente le spese di procedura e i creditori privilegiati assicurando comunque ai creditori chirografari il pagamento di una percentuale del 20%. Al riguardo la società ha prospettato diverse alternative, prospettando, per l’ipotesi connessa al rischio di assunzione degli oneri conseguenti al mancato rinnovo della CIGS e ai maggiori oneri per esodo dei dipendenti, un soddisfacimento minimo nella misura del 21%.

Nel termine assegnato ai sensi dell’art. 162 l.fall. la ricorrente ha integrato la proposta prevedendo di destinare ai creditori i proventi dell’azione di responsabilità valutando un introito non inferiore ad euro 3.000.000, con previsione di una percentuale di pagamento ai creditori chirografari variabile dal 24 al 35,9% (che scenderebbe in caso di mancata proroga della CIGS al 32,8% - con stima dell’attestatore al 32,6%), e ha precisato che in caso di mancata postergazione del credito relativo al Prestito Obbligazionario Convertibile emesso nel 2012 dalla Tagete s.p.a. (con detta società, costituita come s.r.l. nel 2011, detentrice dell’80% delle quote della Bra. s.r.l., nel 2014 è stata realizzata una operazione di fusione inversione per incorporazione di Tagete spa nella Bra.), comunque la percentuale offerta ai chirografari sarebbe risultata pari al 27,4%.

Il Tribunale con decreto del 16.1.2017 ha dichiarato aperta la procedura di concordato preventivo proposta da Bra. S.p.A.

Con provvedimento 8-10 febbraio 2017 il Tribunale ha dato corso al procedimento competitivo ai sensi dell’art. 163 bis l.fall. a seguito del quale è intervenuta il 6 aprile 2017 la cessione del ramo d’azienda alla Graziella & Bra. s.r.l.

In data 25 maggio 2017, la Società, a seguito della cessione predetta, ha depositato, ai sensi dell’art. 163-bis, comma 4, l.fall., l’integrazione della proposta e del piano, tenendo conto dell’esito della vendita. Nella sua versione modificata il piano prevede di pagare il ceto chirografario in misura pari al 29,9%.

Il piano rimodulato contiene delle sostanziali differenze e, comunque, degli importanti aggiornamenti rispetto al quadro tracciato con la domanda originaria.

In particolare, come segnalato - con i più opportuni approfondimenti -dai commissari giudiziari ai creditori in seno alla relazione ex art. 172 l.fall.: 1. L’attivo concordatario, per effetto delle ulteriori valutazioni inserite, è stato rettificato in euro 24.421.259 - con una differenza dovuta sostanzialmente ad una riclassificazione delle poste di bilancio per effetto della prosecuzione dell’attività di impresa e ad una riclassificazione dei valori degli assets per effetto della cessione di ramo di azienda a Graziella & Bra. s.r.l. - e il passivo è stato modificato per prendere atto dei miglioramenti conseguenti all’ac- collo liberatorio di parte del debito verso i lavoratori e al superamento delle esigenze che avevano reso necessario inserire un fondo rischi. L’attivo concordatario che la Società aveva ipotizzato di ricavare con la prima versione del piano ammontava infatti a euro 20.929.668 (pag. 43 del piano del 16.12.2016). La versione del 9 gennaio ha visto modificare l’entità dell’attivo concordatario, che da euro 20.052.829 è passato ad euro 23.929.669, con una differenza messa a disposizione dei creditori complessivamente di euro 3.000.000 dovuta all’inden- nizzo stimato come realizzabile per effetto dall’azione di responsabilità.

2. È stato variato l’orizzonte temporale del piano: il piano originario terminava il 31.12.2019, mentre il piano aggiornato termina il 31.12.2020, in considerazione del tempo stimato come necessario per l’incasso del risarcimento atteso in conseguenza dell’azione di responsabilità.

I CG hanno messo in evidenza che in realtà, l’allunga- mento dell’orizzonte temporale è circostanza che tocca ogni aspetto dell’attività di piano, la quale, a ben vedere, ne beneficia, posto che alcune delle attività ivi contemplate (cessione del leasing relativo all’immobile principale della società, cessione dell’immobile non strumentale, incasso dei crediti) ben difficilmente avrebbero potuto esaurirsi nel ristretto arco temporale biennale originariamente previsto. Al tempo stesso si segnala opportunamente come, in sé, l’allungamento del raggio temporale, se riferito alla positiva conclusione dell’instaurando giudizio di responsabilità appare ancora breve, circostanza che potrebbe rilevare in fase esecutiva.

3. Sono state modificate le modalità di riscossione del ramo d’azienda ceduto.

I commissari al riguardo hanno osservato nella relazione ex art. 172 l.fall. che il recepimento degli effetti della cessione sul piano, in sé apparentemente automatici, è avvenuto senza declinare nel dettaglio gli effetti dell’accollo del debito privilegiato verso dipendenti, del controcredito sorto transattivamente in favore di Graziella e dell’imputazione dell’acconto pagato dall’acquirente. Non si ritrovano, cioè, nel piano modificato analisi sugli effetti della cessione in relazione al privilegio generale e a quello speciale (che insiste sui marchi ceduti). I dati di piano sembrano, infatti, ancora assunti al lordo e non al netto delle compensazioni e degli accolli.

4. È stato modificato l’importo dei crediti realizzabili, in conseguenza della prosecuzione dell’attività che ha consentito un incasso di parte dei crediti esistenti al 30.6 e la formazione di nuove partite creditorie verso i clienti che siano stati forniti nel corso del periodo di continuità.

I commissari nella relazione hanno riferito di condividere le valutazioni della proponente e dell’attestatore fiduciosi in ordine alle tempistiche d’incasso, e basate su (pesantissime) svalutazioni del monte crediti globale sufficienti ad offrire una prospettiva realistica degli effettivi livelli di attivo concordatario ricavabile da questa voce Vi è poi, un secondo aspetto relativo ai crediti che, obiettivamente, come evidenziato dai CG, rappresenta una totale novità rispetto al piano originario. Si tratta della nuova voce crediti verso Banche (per oltre euro 700.000) per indebite compensazioni di poste conseguenti al pagamento da parte dei clienti su conti correnti passivi.

In sé, evidenziano i commissari, anche questo aspetto è in parte fisiologico perché la circostanza è assai frequente in ogni vicenda concordataria. La modifica del piano è stata tuttavia l’occasione per porre l’attenzione sulla questione che, peraltro, non era stata in precedenza portata all’attenzione dei Commissari.

5. È stata modificata la percentuale offerta ai creditori chirografari, in conseguenza della prosecuzione dell’attività.

6. È stato modificato il cronoprogramma dei pagamenti.

 

Il Tribunale ha dovuto differire l’adunanza dei creditori una prima volta per effetto della modifica del piano ed una seconda volta alla luce della necessità manifestata dai Commissari di approfondire alcune specifiche questioni sulle quali era stato insufficiente il confronto tra società ed organi della procedura.

All’esito dell’adunanza e dei venti giorni successivi è stata superata la maggioranza richiesta per l’omologa con voti favorevoli pari all’83,57% dei creditori ammessi al voto.

Essendo stata raggiunta la maggioranza di legge, il Tribunale ha fissato la camera di consiglio per l’eventuale omologazione.

L’ordinanza è stata ritualmente pubblicata e notificata ai sensi dell’art. 180 l.fall.

 

Nella medesima relazione ex art. 180 l.fall. i commissari hanno evidenziato che “la percentuale di soddisfazione stimabile per i creditori chirografari è del 20,16%, “di un soffio al di sopra della soglia del 20%, a dimostrazione di una situazione di notevole incertezza in ordine al raggiungimento della soglia minima in presenza di un concordato liquidatorio”, e potrebbe essere ritenuta “assicurata” nel senso meno rigoroso di “ragionevole proiezione di pagamento”, tuttavia obiettivamente incerta, potendo oscillare verso il basso o verso l’alto a seconda degli specifici presupposti messi in luce dai CG, in primis dalla azione di responsabilità e dalla posizione del leasing immobiliare. In particolare, un’oscillazione peggiorativa di una di queste due partite per euro 1.000.000 comporterebbe, ceteris paribus, una diminuzione della percentuale al 16,50%.

 

I CG davano atto di avere in corso “un controllo in ordine a consistenti pagamenti effettuati dalla società a propri fornitori cinesi in concomitanza con l’accesso alla procedura”.

I commissari hanno concluso la propria relazione ex art. 180 l.fall. con parere tra loro difforme.

L’avv. P. T. ha reso parere favorevole valutando che “l’analisi contabile si è trasformata in un inutilmente faticoso percorso ad ostacoli ma, se si esclude la questione agenti, non ha ad oggi, fatto emergere irregolarità materiali che facciano pensare ad un occultamento di dati rilevanti o impediscano una ricostruzione extra contabile di alcune poste”.

La dott.ssa C. ha per contro evidenziato “le opacità e i profili di rischio della proposta concordataria” esprimendo un giudizio non positivo all’omologa. A tal fine ha sottolineato che vi sono incertezze relative al leasing, ai crediti postergati, all’azione di responsabilità e alle azioni revocatorie che gravano pesantemente sulla sua fattibilità, incertezze “aggravate dalla condotta della società che, pur nell’ampio lasso di tempo intercorso dalla prenotazione del presente concordato (30 giugno 2016) ad oggi (che di per se stesso è stato causa peraltro di aggravamento dello squilibrio patrimoniale), ha mostrato esitazioni nell’intraprendere l’azione di responsabilità prospettata che rendono difficile anche ipotizzare gli esiti e i tempi del realizzo dell’attivo prospettato”. Ha paventato che le percentuali stimate potrebbero non realizzarsi, così che, ove si qualificasse il concordato come liquidatorio, esso non sarebbe omologabile per il mancato raggiungimento della percentuale minima del 20%. Ha espresso le proprie riserve anche per l’ipotesi di qualificazione del concordato in termini di continuità aziendale (186-bis l.fall.) - come da sempre sostenuto dalla società - atteso che l’articolo 186 bis l.fall. prevede che il piano debba contenere anche una analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività di impresa (lett.a) e correlata attestazione del professionista. Infatti, l’elenco dei costi e dei ricavi attesi si riferisce ad un orizzonte temporale limitato e non contempla ciò che accade successivamente ipotizzando che l’attività di impresa cessi il 6 di aprile 2017. I creditori, in buona sostanza, non sarebbero stati informati in modo sufficientemente dettagliato (ed asseverato) circa il loro migliore soddisfacimento in caso di continuità. Manca infatti nella attestazione, che il Legislatore richiederebbe invece in forma cosiddetta “rafforzata”, la prospettazione numerica di cosa succederebbe se nel 2018 Graziella & Bra. s.r.l. recedesse dal contratto di locazione finanziaria generando una prededuzione, che rischierebbe di non essere coperta dal fondo stanziato anche dai Commissari come già chiaramente evidenziato nella relazione ex articolo 172 l.fall.

Successivamente con istanza del 14.11.2017 i commissari hanno chiesto un differimento dell’udienza fissata per l’omologa, riferendo che a seguito degli approfondimenti contabili, ancora in corso al momento del deposito della relazione ex art. 180 l.fall., avendo avuto accesso alla documentazione posta sotto sequestro dal P.M. (sequestro che consta essere intervenuto nel settembre del 2017), avevano riscontrato “irregolarità significative in relazione alla data di emissione di numerose fatture di almeno un importante produttore cinese utilizzato da Bra., avendo verificato in particolare che molte fatture di detto fornitore erano state riemesse - e registrate in contabilità - con data successiva o contestuale all’accesso della società alla tutela concordataria”.

A seguito del termine concesso dal Tribunale per gli accertamenti, i commissari hanno depositato memoria integrativa, evidenziando la sussistenza di significative anomalie nei rapporti con IT Production s.r.l., con “sovrafatturazioni” e “spalmatura” di debiti anteriori sulle forniture successive, prossime al deposito della domanda di concordato; analogamente nei rapporti con le Pelletterie Y. di Yao C., con due fatture registrate il 1.7.2016 e pertanto dopo il deposito della domanda di concordato; analoghe “spalmature”, ancora, con la Sun Sun Leather Goods Industrial LTD, con “nuova emissione” di fatture e modifica dell’indi- cazione della data di consegna della merce, con pagamento post domanda ex art. 161 comma 6 di debiti anteriori; un’ulteriore “nuova emissione” di fattura post concordato viene riferita altresì nei rapporti con Success Handbags MFY co. LTD.

Alla società è stato assegnato un termine a difesa nel rispetto del quale ha depositato memoria difensiva, alla quale il CG dott.ssa C. ha replicato oralmente all’udienza del 20.12.2017.

II. La prima questione che deve essere affrontata dal Collegio, su cui vi è stato ampio contraddittorio, come sopra riferito, tra la proponente e i commissari riguarda i fatti sopra esposti, relativi ai rapporti con 4 diversi fornitori, accertati dai commissari successivamente al deposito della relazione ex art. 180 l.fall. idonei a configurare atti in frode tali da comportare la revoca dell’ammissione e il rigetto della domanda di omologa del concordato.

Al riguardo i commissari hanno evidenziato che alcune delle movimentazioni analizzate sono state menzionate in termini che si ritengono quanto meno incompleti nella prima relazione informativa che la Società ha depositato in data 25 luglio 2016; che il piano di concordato, in versione definitiva, è stato depositato in data 19 dicembre 2016 e né il piano, né il successivo aggiornamento del 25.5.2017 contenevano indicazioni specifiche sulle partite oggetto di analisi. (omissis) Non può tuttavia esservi alcun dubbio sul fatto che ci si trovi in presenza da un lato di condotta idonea a pregiudicare il consenso informato dei creditori, e dall’altro, di una prospettazione non veritiera dei dati aziendali, a fronte delle quali così come il Tribunale dovrebbe revocare ex art. 173 comma 3 l.fall. l’ammissione al concordato, parimenti deve negarne l’omologazione (Cass. 4.5.2017 n. 10826; nonché, ex plurimis Cass. 8.11.2017 n. 26429).

 

V. Va, peraltro, rilevato un ulteriore profilo che sarebbe comunque ostativo all’omologa del concordato, che è opportuno evidenziare, anche perché “illumina” i rilievi sopra effettuati.

La società sostiene che il piano si caratterizzerebbe per una “continuità aziendale diretta (fino alla data di efficacia della cessione del ramo d’azienda del 6.4.2017) ed indiretta (da tale data) e che l’attivo sarebbe ricavato “in via prevalente, mediante la continuità aziendale attuata, secondo quanto disposto dal piano industriale contenuto nel piano definitivo, come continuità diretta per mezzo del perdurante esercizio dell’azienda e di una ristrutturazione con deciso ridimensionamento aziendale volto a rendere maggiormente efficiente l’attività, al raggiungimento di migliori margini di risultato, fino al momento della cessione (oggi avvenuta) a terzi dell’azienda in esercizio (il ramo d’azienda, principale per le sue consistenze) e dei beni ad essa funzionalmente legati e, quindi, come continuità indiretta, per mezzo del cessionario che ne prosegue l’attività senza soluzione di continuità”.

Osserva il Tribunale che come correttamente messo in luce dai commissari nella relazione ex art. 172 l.fall. “la scelta della Società di proseguire l’attività in pendenza di procedura, al precipuo fine di tentare di vendere l’azienda in esercizio e preservarne quanto più possibile i valori, sia in sé meritoria e, diremmo, obbligata, perché i valori attivi di interesse dei creditori erano (e ancora in parte sono) essenzialmente legati a beni immateriali (marchi ed avviamento) oppure a beni materiali che, però, risentono fortemente della prosecuzione dell’attività e della presenza dei marchi sui mercati di riferimento.

D’altro lato, peraltro, non si può mancare di osservare (pur essendo tematica che riguarda essenzialmente i precedenti amministratori) come il ricorso allo strumento concordatario sia stato, sotto più aspetti, tardivo. Lo stato di progressivo sgretolamento dei valori patrimoniali era, infatti, in atto da molto tempo e la tensione finanziaria che impediva di adempiere ai contratti incorso evidente ormai da anni (per fare un esempio tra i più significativi, si pensi al contratto di licenza del marchio G., centrale per l’attività di Bra., perché era il prodotto con migliori margini industriali della gamma aziendale e rispetto al quale la Società ha accumulato 1.600.000 euro di arretrati prima che il licenziante risolvesse il contratto). La Società ha ignorato i segnali di allarme (o, forse meglio, ha ritenuto di potervi porre rimedio in altra maniera) e così facendo ha offerto ai suoi creditori un concordato ben più povero e meno garantito di quanto avrebbe potuto fare con tempestivo ricorso agli strumenti di contrasto della crisi. Non solo, ma quest’osservazione rileva anche nell’ottica della valutazione della scelta del nuovo consiglio (e dei suoi professionisti) di proporre un concordato con azienda in esercizio: è vero, come si è detto, che la scelta in sé era, per certi aspetti, obbligata, ma ciò non toglie che dovesse essere pensata e calibrata avendo ben presente le reali capacità operative dell’azienda e la sua tenuta. Al riguardo, non si può non rilevare come l’opzione di dare seguito all’attività per preservare i valori immateriali e dare tutela alla forza lavoro, sia stata scelta che i creditori chirografari scontano in termini significativi, perché le perdite di periodo sono state estremamente consistenti. Soprattutto, è da notare come, letta retrospettivamente, la parabola della continuità aziendale di Bra. non abbia mai avuto alcuna seria prospettiva di durata e fosse destinata a vita breve, essendo ormai giunta nella primavera del 2017 ad una situazione non più gestibile per progressiva erosione della cassa disponibile e incapacità di dare realmente corso all’attività pagando regolarmente i fornitori. La cessione dell’azienda avviata dal Tribunale nel febbraio 2017 (su insistente richiesta della Società che aveva ormai manifestato essere l’attività in uno stadio di quasi paralisi) è stata, pertanto, scelta obbligata che dimostra la natura, per così dire, figurativa della continuità d’impresa, ridotta al mero tentativo di una sopravvivenza di breve periodo, pur meritoriamente diretta alla tutela ad oltranza dell’attivo non ancora disperso.” Non può sottacersi in particolare che dall’analisi del conto economico - come ricostruito dai commissari - al 31/12/ 2016 e al 30/6/2016 emerge che la perdita relativa al periodo 1/7/2016-31/12/2016 è stata pari ad euro 11.271.265,00. Considerando tuttavia detto risultato al netto degli ammortamenti, degli oneri finanziari, degli accantonamenti e delle altre poste di natura non finanziaria, si deduce che, la Società, nel 2016 ha conseguito una perdita “gestionale” di circa 4 milioni di euro con ciò distruggendo ricchezza considerevole e imponendo, a posteriori, di dubitare in ordine all’utilità della scelta compiuta per la prosecuzione dell’attività.

I commissari hanno posto in evidenza che nel maggio del 2016 quando il nuovo Consiglio ha assunto la decisione di chiedere l’accesso alla procedura concordataria non vi fosse alcuna realistica possibilità di una continuità in senso prospettico reale, ma solo di una continuità temporanea volta strutturalmente a bruciare risorse allo scopo di tentare la preservazione dei valori immateriali e salvaguardare, quanto più possibile, i posti di lavoro.

Ora, se ex ante la scelta di optare per una prosecuzione dell’attività e la ricerca di un acquirente poteva dirsi obbligata, è anche vero che la prospettiva di generare perdite gestionali non era un’ipotesi, ma una certezza, motivo per cui, pur con tutte le difficoltà del caso, l’intera impostazione concordataria, fondata sul periodo di studio e approfondimento che è garantito dalla domanda prenotativa, appare - valutata ex post-una scelta ai limiti della scommessa, tanto è vero che la ricchezza bruciata dalla continuità, come sopra riportato - è poi non lontana da quanto la prosecuzione dell’attività ha consentito di salvare.

Il Tribunale ritiene che in tale situazione, come ben riferito dai commissari si versa in un’ipotesi di continuità che giustamente può essere definita solo “figurativa” perché non è fondata sui fondamentali economici dell’azienda, ma solo sulla volontà di limitare, per quanto possibile, la dispersione di valore dell’attivo, essenzialmente formato da beni immateriali (marchi e avviamento) particolarmente volatili.

Questo dato obiettivo deve essere tenuto presente nelle valutazioni giuridiche in ordine al concetto di continuità aziendale e all’applicabilità del medesimo al caso di specie: la proposta concordataria sembra, infatti, dare per scontato che qualsiasi ipotesi di vendita dell’azienda in esercizio debba, necessariamente e in via automatica, ricadere nello spettro del concordato in continuità.

Sennonché ad avviso del Collegio nel caso di specie è accertato che neppure la protezione offerta dallo schermo concordatario era in grado di preservare l’operatività dell’azienda , essendo irreversibilmente squilibrato il rapporto tra costi fissi e margini industriali.

Al momento della presentazione del piano era chiaro che, anche al netto degli oneri finanziari, la prosecuzione dell’attività poteva avere solo una specifica finalità difensiva e di brevissimo periodo, volta a circoscrivere la perdita di valore di una parte dell’attivo.

Ad avviso del Tribunale, a fronte di una azienda che sia tecnicamente incapace di salvaguardare i propri fondamenti economici e sappia solo disperdere attivo, non può ritenersi che vi sia una reale continuità, quale contenuto della proposta concordataria, ma piuttosto una cessione secondo logiche difensive e di riduzione della (progressiva) perdita di valore, tale da giustificare la qualifica del concordato in termini di “liquidazione assistita”, avendo consentito non già la prosecuzione, bensì “il non arresto” dell’attività, di preservare alcuni valori dell’attivo - nel doveroso rispetto da parte di amministratori di una società in crisi dell’obbligo di conservazione del patrimonio aziendale, che trova la sua fonte nel combinato disposto degli artt. 2394 e 2485-2486 c.c. Deve in particolare evidenziarsi che nel caso di specie la prosecuzione (temporanea) dell’attività - che ha generato importanti perdite - non ha prodotto alcun profitto ripartibile ai creditori, ma è stato unicamente funzionale ad una cessione del ramo d’azienda non deprivata interamente del suo valore.

Non è dubbio che la fattispecie del concordato in continuità abbia innestato nel corpo del sistema concorsuale una previsione di chiaro favore per il debitore cui sono collegati benefici evidenti e di grande rilievo pratico (tra cui la moratoria di un anno dei creditori prelatizi, la possibilità di partecipare a procedure di assegnazione di contratti pubblici, la possibilità di ottenere l’autorizza- zione al pagamento dei creditori pregressi se strategici alla prosecuzione e funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori e, da ultimo, l’esenzione da una soglia minima di soddisfacimento). Alla concessione di così importanti benefici deve corrispondere anche il rispetto di requisiti stringenti di utilità per la massa. Questo presuppone, ad avviso del Tribunale, che la maglia di protezione delle norme concordatarie debba essere funzionale alla preservazione di un’azienda vitale, non alla cessione di un’azienda decotta e, più a monte, che l’opzione concordataria non arrivi al termine di un calvario gestionale, ma sia la soluzione meditata per l’uscita da una situazione di crisi monitorata e “presa per tempo”.

Ad avviso del collegio non può ricondursi nell’alveo della continuità aziendale una realtà ormai esangue, incapace di funzionare e tenuta in vita solo per essere ceduta, ciò non tanto perché, altrimenti, non ricadrebbe sui creditori il rischio d’impresa (che, invece, pare esservi sempre anche in ipotesi di finale cessione che, per molteplici motivi, potrebbe non realizzarsi), ma in quanto la continuità aziendale non può essere separata dalla vitalità dell’impresa intesa in senso atomistico. Ciò si desume, ad avviso del Tribunale, dalla previsione di chiusura e antiabusiva dell’art. 186 bis l.fall. che consente (e impone) sempre la revoca del concordato “in continuità” in caso di manifesto danno arrecato alle ragioni della massa creditoria: un concordato in continuità dannoso, molto semplicemente non è un concordato in continuità, ma, al più, liquidatorio e ciò può anche non essere separato da un breve tentativo di prosecuzione dell’attività aziendale volta a proteggere, proprio in un’ottica di miglior dismissione ma non di continuità e valorizzazione, certi specifici assets aziendali.

Al Tribunale si impone pertanto una verifica in concreto della situazione dell’azienda ammessa al concordato, in quanto, per ritenere integrata la continuità non è sufficiente - perché è opzione semplicistica - che l’azienda trasferita non abbia “chiuso i battenti”, essendo invece necessario verificare se l’impresa sia effettivamente in grado di continuare ad operare e, anche solo potenzialmente, generare utili a prescindere dalle iniezioni finanziarie dell’acquirente: solo in tal caso, infatti, è possibile sostenere l’effettiva esistenza di una continuità aziendale, pena, altrimenti, una estensione generalizzata della norma di favore di cui all’art. 186 bis l.fall. a tutte le aziende formalmente attive anche se di fatto incapaci di consentire una prosecuzione dell’operatività anche sotto l’egida di un diverso imprenditore.

Nel caso della Bra., come dimostrato dai commissari con analitica e convincente ricostruzione della situazione preesistente all’accesso alla procedura, vi era l’impossibilità tecnica di una gestione che, pur sgravata dagli oneri finanziari, dall’ansia delle azioni esecutive e supportata dalla collettività tramite il ricorso massiccio alla cassa integrazione, era ormai decotta. In questo senso in termini efficaci e appropriati i commissari hanno parlato di “continuità figurativa” e di “liquidazione assistita”, essendo la stessa un’opzione di breve periodo puramente volta alla miglior vendita degli assets, non alla preservazione di un complesso aziendale che potrà essere salvato solo ed esclusivamente tramite investimenti significativi che consentano di incrementare il fatturato e attuare una profonda ristrutturazione delle dinamiche dei costi.

Attenendosi alla ricostruzione dell’attivo prospettata dai commissari, risulta peraltro evidente la prevalenza della componente liquidatoria - sol che si consideri che da un attivo derivante dalla continuità di euro 9.600.000 (di cui euro 6.000.000 dalla cessione del ramo di azienda e 3.600.000 dalla vendita del magazzino alla cessionaria: con tutti i dubbi sulla riconducibilità effettiva alla continuità di tale liquidazione) non può non detrarsi la perdita economica di periodo (circa euro 4.000.000) o, almeno, l’assorbimento di cassa (euro 1.700.000) rispetto ad euro 9.056.861 di attivo derivante da pure attività liquidatorie (crediti, azioni di responsabilità, etc.). Peraltro rispetto ad una ipotesi di reale continuità è indubitabile, come evidenziato dalla CG C., che è carente “l’indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa” prevista dall’art. 186 bis l.fall. che richiede una dettagliata prospettazione (ed attestazione) del miglior soddisfacimento dei creditori derivante dalla continuità.

Tutto ciò premesso, il Tribunale ritiene che il concordato proposto vado qualificato in termini di concordato misto, con prevalenza liquidatoria, ciò che impone al Tribunale di verificare il rispetto della percentuale minima di soddisfazione che deve essere assicurata ai creditori nella misura del 20%.

Orbene i commissari hanno concluso la relazione ex art. 172 evidenziando che vi sono “dubbi che, prospetticamente, è lecito avere in ordine all’effettiva possibilità di superare la soglia di sbarramento del 20% quale livello di soddisfacimento dei creditori chirografari”.

Tali conclusioni sono state sostanzialmente confermate nel parere ex art. 180 l.fall., ove i CG hanno messo in evidenza anche numericamente come un’oscillazione nell’azione di responsabilità e nella posizione del leasing, farebbe, di per sé, scendere la percentuale di pagamento al di sotto del 20%, percentuale che ad avviso di entrambi i commissari “è di un soffio al di sopra della soglia del 20%” - (e precisamente è stata da loro stimata nel 20,16%) . “a dimostrazione di una situazione di notevole incertezza in ordine al raggiungimento della soglia minima”, potendosi ritenere la soglia “assicurata” solo nel senso, meno rigoroso, di “ragionevole proiezione di pagamento”.

Come già sopra riportato, l’avv. P. T. ha affermato che “è esatto che vi è una notevole alea (in positivo e in negativo) rispetto ad alcune partite essenziali dell’attivo e del passivo” ritenendo che ciò sarebbe però consustanziale a qualunque concordato che abbia una componente liquidatoria assai significativa.

Per contro la dott.ssa C. ha evidenziato che “le incertezze che gravano sul concordato sono tali (leasing, postergazione, azione di responsabilità, preclusione di azioni revocatorie) da gravare pesantemente sulla sua fattibilità.

Il Tribunale non ravvisa invero ragioni per una interpretazione di scarso rigore del dettato normativo con riferimento all’assicurazione ai creditori chirografari quantomeno del 20% del proprio credito - ossia ad un sacrificio non superiore alla perdita per i creditori chirografari dell’80% del loro credito - tanto più considerato che la società ha ampiamente tardato nel presentarsi all’accesso alla procedura concordataria, bruciando consistente cassa e producendo significative perdite di periodo, ed effettuando pagamenti in prededuzione di crediti chirografari.

E se è ben vero che ogni liquidazione sconta inevitabilmente una certa alea, è altrettanto indubitabile che è ben possibile offrire ai creditori una liquidazione priva di significative incertezze, già prefigurabili nei loro tratti essenziali.

Sulla base di tali valutazioni il Tribunale ritiene che in considerazione della accertata presenza di “una notevole alea rispetto a partite essenziali dell’attivo e del passivo” - come compiutamente ricostruita dai commissari - emergono significativi dubbi sull’effettiva possibilità di superare la soglia di sbarramento predetta, attese le plurime incertezze che gravano sul concordato, aggravate dalla condotta della società che ha esitato ad intraprendere l’azione di responsabilità che ben difficilmente potrebbe, tra l’altro, concludersi nella tempistica prospettata ai creditori.

Non può di conseguenza ritenersi “assicurato” il pagamento della percentuale minima del 20% ai creditori, possibile, ma non conseguibile con sufficiente grado di attendibilità, essendo già prefigurabili eventi e circostanze - pur meno probabili di eventi di segno opposto - al cui verificarsi la soglia di soddisfacimento non potrebbe essere rispettata, con conseguente inammissibilità della domanda.

Con separata contestuale sentenza si procede alla dichiarazione di fallimento, sulla base dell’istanza formulata in atti dal Pubblico Ministero e dal creditore nel proc. 391/ 2016.

 

P.Q.M.

Revoca l’ammissione della Bra. s.p.a. alla procedura di concordato preventivo e rigetta la domanda di omologa. Procede alla dichiarazione di fallimento come da separata contestuale sentenza.