Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 620 - pubb. 01/01/2007

Mutuo fondiario, nullità e simulazione

Appello Brescia, 21 Aprile 2004. .


Mutuo fondiario – Utilizzo dell’importo per coprire una pregressa esposizione debitoria in conto corrente – Simulazione parziale – Sussistenza.



 


 


omissis 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ai sensi dell'art. 98 l.fall. depositato il 13 febbraio 1999 la Banca Agricola Mantovana, soc. coop. a r.l., proponeva opposizione contro lo stato passivo del Fallimento della società Casa Musicale Giovanelli Idelfonso e Figli di Giovanelli Idelfonso e C. s.n.c. e dei soci illimitatamente responsabili, dichiarato esecutivo il 28 gennaio precedente, lamentando l'esclusione, in sede di verifica, del credito privilegiato ipotecario per lire 354.844.492 di cui era stata chiesta l'ammissione "quale residuo di un mutuo ipotecario fondiario" erogato in favore della società in bonis con atto in data 23 maggio 1996.

L'opponente contestava il fondamento delle ragioni addotte dal giudice delegato a sostegno del provvedimento di esclusione (revocabilità della garanzia, ai sensi dell'art.67, 1 ° comma n.2, in quanto "per artificio simulatorio" ex art. 1414 e seg. c.c., l'ipoteca risultava diretta a garantire un debito preesistente; mancanza di prova della ricorrenza delle condizioni previste dalla Banca d'Italia "per la sussistenza del mutuo fondiario") osservando: che in base alle nuove disposizioni del T.U. in materia bancaria non era più possibile riferire al mutua fondiario le caratteristiche di sostanza proprie del mutuo agevolato edilizio di cui alla normativa previgente; che la curatela (che ne aveva l'onere ex art.1417 c.c.) non aveva fornito elementi di prova dell'allegata simulazione, né elementi atti alla individuazione del negozio dissimulato; che il negozio di mutuo era assolutamente conforme alla normativa "di vigilanza"; che il riferimento alla revocabilità del mutuo ex art.67, comma 1, n.2, l.fall. era errato dal momento che non era ravvisabile alcuna anormalità del pagamento di lire 50 milioni effettuato in data 5 luglio 1996 a favore del Credito Agrario Bresciano su precisa disposizione del mutuatario e che il rapporto di conto corrente n.70062/0 aveva presentato un'operatività del tutto ordinaria, anche dopo il perfezionamento del contratto di mutuo.

Il curatore del fallimento, costituitosi con comparsa in data 15 aprile 1999, contestava la fondatezza dell'opposizione e ne chiedeva il rigetto con vittoria di spese.

Premesso, in fatto, che dall'esame degli estratti conto relativi al rapporto di conto corrente n. 160/002/0070062/0 intrattenuto dalla società fallita presso la filiale dì Mantova della Banca Agricola Mantovana era emerso che la somma erogata in forza del contratto di mutuo fondiario era stata interamente versata su detto conto e utilizzata per ripianare lo scoperto di oltre lire 257.000.000 che esso presentava a quella data, senza che la mutuataria ne avesse avuto la disponibilità, eccepiva la natura relativamente simulata del contratto, deducendo che la reale volontà delle parti era stata quella di costituire una garanzia ipotecaria per un debito preesistente, revocabile ex art.67 (comma 1, n.4) l.fall..

Ponendo in evidenza la giuridica impossibilità dì ammettere al passivo del fallimento, anche solo in via chirografaria, un credito che traeva origine da un rapporto nullo, sono un diverso profilo rilevava che l'operazione conclusa dall'istituto bancario integrava l'ipotesi di un negozio in frode alla legge e ai creditori, ex art.216 l.fall.; in subordine l'ipotesi di un negozio revocabile ai sensi dell'art.67, comma 1, l. fall., ovvero ai sensi dell'art.2901 c.c..

Ravvisando nella descritta linea difensiva la proposizione di domande riconvenzionali introdotte oltre il termine dell'art.167 c.p.c. o, comunque, di domande nuove rispetto alle ragioni fatte valere in sede di verifica, la società opponente ne eccepiva l'inammissibilità, dichiarando di non accettare, in ordine ad esse, il contraddittorio. In via subordinata ne eccepiva la nullità ai sensi dell'art.164, comma 4, c.p.c., in ragione della genericità del titolo della domanda, in rapporto alle varie e distinte ipotesi di revocatoria previste dall'art.67, comma 1,l.fall.

Con sentenza n.343/01 del 27 marzo 2001 il Tribunale, dato atto, in via preliminare, della tempestività dell'opposizione, nonché dell'infondatezza dei dubbi espressi dal giudice delegato in ordine alla regolarità dell'operazione (ex art.38, comma 2, T.u.l.b. e disposizioni regolamentari della Banca d'Italia), in presenza di risultanze documentali comprovanti che il secondo finanziamento non aveva superato i limiti di legge in rapporto al valore dei cespiti dati in garanzia; considerato, quanto al merito, che la circostanza, pacifica in punto di fatto, che la società avesse uno scoperto di conto corrente pari a lire 257.176.229 (tale documentato dall'estratto al 31 maggio 1996) e che dei 300 milioni oggetto del contratto di mutuo affluiti su detto conto passivo solo lire 50 milioni fossero stati concretamente utilizzati per un bonifico a favore di altro istituto di credito, valeva a dimostrare che il reale intento perseguito delle parti era stato quello di trasformare un preesistente credito chirografario in un credito garantito da ipoteca. - per modo da renderlo inattaccabile di fronte al possibile futuro esercizio dell'azione revocatoria - e, quindi, la natura fittizia dell'operazione per la parte eccedente l'importo di lire 50 milioni; rilevato che la prova della simulazione relativa parziale del negozio, ravvisabile qualora l'accordo simulatorio investa solo uno degli elementi del contatto, emergeva, oltre che dal rapporto fra l'importo del mutuo, la precedente esposizione e la somma effettivamente messa a disposizione, dall'esplicita volontà manifestata in tal senso dalle parti nella domanda di concessione del mutuo, che indicava, come finalità, il "consolidamento". dell'esposizione debitoria in conto corrente (il cui significato nel linguaggio economico e bancario era inequivoco nel senso della trasformazione di un debito a breve in uno a lungo termine assistito da garanzia reale), nonché dall'illimitata discrezionalità in ordine alla destinazione della somma mutuata attribuita alla banca attraverso il richiamo, nel rogito, all'art.1 del capitolato; ritenuto che a conclusioni analoghe si sarebbe dovuti comunque pervenire configurando il procedimento negoziale come anormale strumento di pagamento del debito preesistente, ai sensi dell'art.b7, comma 1, n.2, l.fall. (secondo l'ipotesi alternativamente prospettata dalla curatela già in sede di formazione dello stato passivo), in una situazione caratterizzata dalla  sicura conoscenza dello stato di insolvenza della debitrice in capo all'istituto di credito, gravato dall'onere della prova dell'inscientia decoctionis; ritenuto che non potesse trovare accoglimento neppure la domanda (formulata in via subordinata solo con l'atto di opposizione) di ammissione dell'intero credito in via chirografaria in virtù del pregresso scoperto di conto, trattandosi di richiesta fondata su una diversa causa petendi; in parziale accoglimento dell'opposizione così disponeva: ammetteva la Banca Agricola Mantovana al passivo del fallimento della società per lire 50 milioni in via chirografaria e al passivo del fallimento dei soci illimitatamente responsabili in via privilegiata ipotecaria oltre interessi nella misura convenzionalmente pattuita da 24 agosto 1996 al 24 agosto 1998 e al tasso legale da tale ultima data sino a quella di trasferimento degli immobili; compensava in ragione di un quinto le spese di lite, ponendo la parte residua a carico della società opponente.

La sentenza, notificata il 12 luglio 2001, veniva tempestivamente appellata dalla Banca Agricola Mantovana, con atto di citazione notificato il 26 luglio seguente, affidato a tre motivi.

Il Fallimento della società Casa Musicale Giovanelli e il Fallimento dei soci illimitatamente responsabili Giovanelli Alfonso, Spagnoli Carla e Sala Maria Gloria, costituitisi, resistevano al gravame, chiedendone il rigetto con rifusione di spese.

All'udienza del 21 gennaio 2004, esaurita la fase di 'trattazione, le parti precisavano le conclusioni sopra trascritte, sulle quali la causa veniva trattenuta in decisione, previa assegnazione alle  parti dei termini di legge per il deposito degli scritti difensivi finali.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si è ricordato nell'espositiva di fatto che il Tribunale è pervenuto all'accoglimento parziale dell'opposizione (limitatamente all'importo di lire 50 milioni di cui ha reputato certa l'erogazione) sulla base di due distinte rationes decidendi. Per un verso ha ritenuto la natura parzialmente simulata del negozio di mutuo fondiario ipotecario stipulato dalla Banca Agricola Mantovana con i soci illimitatamente responsabili della società in data 23 maggio 1996, sul rilievo che le modalità di erogazione e di utilizzazione del relativo importo (mediante accredito sul conto corrente n.70062/0 intrattenuto dalla società presso lo stesso istituto di credito, che a quella data portava un saldo passivo di oltre lire 250 milioni per ripianare, appunto, la suddetta passività), in uno con la volontà "di consolidamento della esposizione debitoria in conto corrente" esplicitata nella domanda di concessione, valeva a dimostrare che le parti avevano effettivamente voluto soltanto la garanzia reale, a difesa dei crediti della banca discendenti dai precedenti contratti. Per altro verso ha considerato che, anche a volere escludere l'ipotesi simulatoria, il procedimento negoziale seguito dalle parti (accensione di un mutuo assistito da ipoteca, con utilizzo della somma mutuata per coprire una pregressa esposizione debitoria) si configurava come anormale strumento di pagamento del debito preesistente e risultava revocabile ai sensi dell'art.67, comma 1, l. fall., in difetto di prova dell'inscientia decoctionis (peraltro esclusa da molteplici elementi contrari, quali: l'entità dello scoperto di conto; la richiesta di prestazione di garanzie ai soci; lo stesso meccanismo negoziale utilizzato per pervenire all'immediato consolidamento dell'ipoteca).

Con il primo motivo di gravame l'appellante, senza svolgere alcuna censura in critica all'inquadramento giuridico della fattispecie in termini di negozio simulato, contesta la valenza degli elementi probatori sulla cui base il primo giudice ha ritenuto che le parti avessero in effetti voluto soltanto la garanzia reale e non anche la stipulazione del contratto di mutuo, osservando che essi non solo difettano dei requisiti di gravità precisione e concordanza richiesti dall'art.2729 c.c., ma integrano una palese violazione del divieto di doppia presunzione.

Con particolare riferimento alla circostanza relativa all'espressa indicazione della finalità di consolidamento dell'esposizione debitoria in conto corrente contenuta nella domanda di mutuo, dopo avere ribadito che tale domanda era stata liberamente sottoscritta dal legale rappresentante della società poi fallita, il quale aveva fornito le indicazioni necessarie per il suo completamento, osserva che la riconduzione della sua paternità in capo alla banca rappresenta una deduzione presuntiva, cui viene aggiunta la presunzione del "dirottamento" della somma mutuata al ripianamento di pregresse esposizioni in conto corrente, contro la reale portata dell'operazione, consistita nella concessione, all'affidato, "della facoltà di reintegrare le. linee di credito concesse e già saturate", e non già nell'intento di trasformare un debito a breve in uno a lungo  termine assistito da garanzia reale (nel quale caso il risultato finale sarebbe stato, comunque, quello di finanziare e non di "rientrare", con conseguente esclusione dell'asserito perseguimento di interessi solutori).

Quanto alla base deduttiva rappresentata dall'art 1 del capitolato allegato al negozio di mutuo, osserva che le relative disposizioni ("La Banca renderà disponibile la somma accreditata sul conto corrente o consentirà l'utilizzo della stessa dopo che il cliente avrà fornito: a) la prova che le obbligazioni e le garanzie siano state validamente assunte e presentate dal Cliente e dagli eventuali garanti; b) i dupli delle formalità comprovanti l'avvenuta iscrizione, relativa alle garanzie reali che assistono l'operazione; c) la prova dell'inesistenza, per i beni concessi in garanzia, di altre iscrizioni, trascrizioni, annotazioni e annotamenti comunque pregiudizievoli ...; d) ogni ulteriore documentazione ... idonea a comprovare la piena proprietà e disponibilità dei beni concessi in garanzia ...;) non rappresentano altro che le condizioni oggettive dell'erogazione, secondo precise istruzioni dell'A.b.i. e della Banca d'Italia.

La censura, così circoscritta e per estrema sintesi riassunta, si rivela senza alcun dubbio infondata.

Va premesso che il principale argomento dal quale il Tribunale ha ritenuto di trarre la prova della natura simulata del contratto di mutuo, risiede nelle modalità intrinseche dell'operazione, e cioè nell'utilizzo della somma oggetto del contratto per coprire una pregressa esposizione debitoria in conto corrente, mediante versamento dell'intero importo sul conto, senza che il mutuatario ne avesse mai acquisito la disponibilità giuridica. Trattasi di un argomento univocamente significativo di una volontà indirizzata a conseguire effetti diversi da quelli propri del contratto di mutuo e, quindi, di indiscutibile rilevanza probatoria, tanto più in presenza dell'espressa enunciazione di tale specifica finalità nella relativa domanda. Né può indurre a diversa conclusione la circostanza che questa rechi la sottoscrizione del solo mutuatario, potendo ritenersi per certo, in mancanza di diverse allegazioni, che non per diverse finalità essa sia stata accolta dalla banca, la quale, riversata la somma apparentemente mutuata sul conto corrente, ha di fatto considerato la relativa provvista come già utilizzata per l'importo corrispondente al debito pregresso che il conto stesso a quella data presentava.

Il rilievo ha carattere decisivo e certamente assorbente delle ulteriori ragioni alle quali l'appellante affida le sorti del motivo dal momento che anche a voler escludere il valore indiziario della locuzione di cui all'ultimo capoverso dell'art.1 del contratto ("il cliente autorizza altresì la banca a rendere indisponibile sul conto corrente di cui sopra la suddetta somma cosi come previsto dall'art.1 del capitolato allegato"), alla stregua del contenuto dell'art.1 del capitolato cui esso espressamente rinvia, resta il fatto che in concreto la società poi fallita non ha avuto la disponibilità della somma oggetto del mutuo, se non per l'importo di lire 50 milioni utilizzato ad estinzione di un'esposizione debitoria verso altro istituto di credito. Né è possibile trarre argomenti di segno contrario dal divario cronologico tra la data di stipulazione del contratto e quella della dichiarazione di fallimento, ovvero dal fatto che dopo la stipulazione del contratto l'operatività del conto è rimasta sostanzialmente immutata, ovvero ancora dalla contestualità dell'iscrizione ipotecaria rispetto al contratto, trattandosi di circostanze tutte inconferenti ai fini della dimostrazione della realità del contratto, che non valgono ad inficiare la contrapposta valenza probatoria degli elementi sopra considerati.

La ricostruzione della fattispecie in termini di negozio simulato (non voluta l'erogazione di nuova e autonoma provvista, né la costituzione della garanzia per l'apparente debito contestualmente creato, ma unicamente il consolidamento della pregressa esposizione debitoria previa concessione della garanzia ipotecaria - negozio dissimulato), con esclusione, in concreto, della dedotta inconcludenza degli elementi di prova a tal fine considerati dal primo giudice, comporta l'assorbimento del secondo motivo, con il quale l'appellante pone in discussione la correttezza della ricostruzione del rapporto come negozio indiretto (concretatosi nell'utilizzo del mutuo ipotecario con il fine di conseguire il risultato ultimo di eludere la par condicio creditorum attraverso il consolidamento di un credito preesistente, sotto la copertura dell'ipoteca di nuova costituzione) operata dal primo giudice, in via logicamente subordinata, per inferirne la revocabilità del pagamento del debito preesistente, aí sensi dell'art.67, comma 1, n.2, l.fall., in quanto attuato attraverso l'anomala operazione di finanziamento in una situazione di non comprovata inscientia decoctionis.

Dall'accertamento della natura simulata del negozio di mutuo discende evidente l'infondatezza del terzo ed ultimo motivo, con il quale l'appellante, in via subordinata, si duole del mancato accoglimento della domanda di ammissione dell'intero credito al passivo del fallimento della società e a quello particolare dei soci in via chirografaria.

Ed invero, la decisione negativa assunta al riguardo dal primo giudice rappresenta la coerente conseguenza della riscontrata nullità, per simulazione, dell'unico titolo allegato a sostegno dell'istanza di ammissione al passivo, vale a dire del contratto di mutuo ipotecario, fondandosi, al contempo, sulla corretta applicazione del principio dell'immutabilità, nel giudizio di opposizione, della causa petendi fatta valere con l'istanza ex art.93 l.fall..

Per le suesposte considerazioni l'appello va rigettato, con le conseguenze di legge in ordine al pagamento delle spese del grado che si liquidano, in favore delle parti appellate, in euro 6.187,71 (comprensivi di euro 1.461,59 per diritti e euro 4.450,00 per onorari).

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, rigetta l'appello proposto dalla Banca Agricola Mantovana s.p.a. contro la sentenza del Tribunale di Mantova n.343/01 del 27 marzo 2001;

condanna l'appellante, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, a rifondere alle parti appellate le spese del grado nella misura di euro 6.187,71 come sopra liquidata. Così deciso in Brescia, il 21 aprile 2004.