Diritto della Famiglia e dei Minori


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22639 - pubb. 06/11/2019

Convocazione degli affidatari di minori nei procedimenti di responsabilità genitoriale

Cassazione civile, sez. I, 10 Luglio 2019, n. 18542. Pres. Maria Cristina Giancola. Est. Lamorgese.


Minori – Provvedimenti ex art. 336 c.c. – Affidatari – Legittimazione attiva – Esclusione – Ascolto del minore – Legittimazione attiva – Affidamento etero familiare – Sussistenza



Gli affidatari di minori, ex art. 5, c.1, l. n. 184 del 1983 (affido eterofamiliare), così come sostituito dalla l. n. 173 del 2015, devono essere convocati a pena di nullità anche nei procedimenti in tema di responsabilità genitoriale ed hanno facoltà di presentare memorie scritte nell'interesse del minore oltre a poter rivolgere segnalazioni o richieste al Pubblico Ministero affinché attivi il procedimento de potestate ma non hanno la qualità di parti dal momento che il nuovo regime giuridico dell'affido non incide direttamente sulla norma (art. 336 c.c.) che individua i soggetti legittimati ad agire. Essi, tuttavia, sono legittimati a far valere la violazione degli artt. 315 bis e 336 bis c.p.c. per la mancata audizione del minore nel medesimo procedimento, in quanto tale censura attiene al diverso aspetto della proroga dell'affidamento eterofamiliare per cui hanno presentato richiesta. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Presidente -

Dott. MARULLI Marco - Consigliere -

Dott. IOFRIDA Giulia - Consigliere -

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - rel. Consigliere -

Dott. SCALIA Laura - Consigliere -

 

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

sul ricorso 19898/2018 proposto da:

M.P., E.L., elettivamente domiciliati in Roma, Via *, presso lo studio dell'avvocato R. E., che li rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

A.H., nella qualità di madre del minore Z.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via *, presso lo studio dell'avvocato G. M. C., che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato M. S., giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di ROMA, del 31/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/06/2019 dal cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

 

Svolgimento del processo

Il Tribunale per i minorenni di Roma, con decreto del 4 febbraio 2010, su richiesta del P.M., sospendeva la responsabilità genitoriale di A.H. e Z.T. nei confronti del figlio minorenne Z.A. (nato il (OMISSIS)), nominava tutrice provvisoria E.L. e rilevava la necessità di affidare il bambino a una coppia da identificare.

Il Tribunale, su richiesta del P.M. cui era pervenuta segnalazione da parte della tutrice, apriva un procedimento per la verifica dello stato di adottabilità e, con decreto in data 30 aprile 2010, affidava A. alla tutrice e confermava la sospensione della responsabilità di A.H.; con sentenza 9 maggio 2014, revocava la sospensione della responsabilità genitoriale della madre e la nomina della tutrice, dichiarava il padre decaduto dalla potestà genitoriale, non luogo a provvedere in merito allo stato di adottabilità del minore e disponeva l'affidamento di A. ai coniugi E.L. e M.P. per due anni.

Costoro, in data 20 settembre 2014, presentavano richiesta di adozione speciale, a norma della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 44. Il Tribunale per i minorenni, con sentenza del 30 dicembre 2015, stante il mancato assenso della madre, la rigettava e stabiliva le modalità di un graduale ripristino dei rapporti tra madre e figlio. Il gravame avverso detta sentenza era rigettato dalla Corte d'appello, Sezione minorenni, con sentenza del 12 luglio 2016; il ricorso per cassazione era rigettato dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 18827 del 2018.

I coniugi E. e M. presentavano, in data 12 aprile 2016, parallelo ricorso urgente (rg 625/16 VG) con il quale chiedevano di sospendere gli incontri tra la madre A.H. e il figlio, di prorogare sine die l'affidamento etero familiare prossimo a giungere a termine, di valutare i comportamenti della madre biologica e di assumere ex artt. 333 e 336 c.c. i "provvedimenti convenienti" nell'interesse del minore; il relativo giudizio, sospeso in pendenza del giudizio di appello sull'adozione speciale, era ripreso e definito dal Tribunale, con decreto del 23-31 maggio 2017, che dichiarava la madre decaduta dalla potestà genitoriale, nominava tutore provvisorio del minore il Sindaco di Roma e confermava il collocamento del minore presso i coniugi E. e M..

Avverso quest'ultimo decreto A.H. proponeva reclamo che veniva accolto dalla Corte d'appello di Roma, Sezione minorenni, con decreto del 31 maggio 2018, che revocava sia la pronuncia di decadenza della stessa dalla responsabilità genitoriale sia la nomina del Sindaco di Roma quale tutore del minore, disponeva che il Servizio sociale competente avviasse percorsi di sostegno al minore, alla madre e ai coniugi E. e M., al fine di ripristinare la relazione madre-figlio e condannava i predetti coniugi alle spese del grado.

E. e M. propongono ricorso per cassazione, illustrato da memoria, resistito da A.H..

 

Motivi della decisione

Con il secondo motivo, che il Collegio ritiene di esaminare preliminarmente rispetto al primo, i ricorrenti denunciano violazione dell'art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte di merito omesso di valutare la documentazione prodotta da cui non risultava alcun loro comportamento oppositivo nei confronti di A.H., madre biologica di A., mentre risultava il loro impegno nell'educazione e nella crescita del bambino; invece risultavano i comportamenti inadeguati e anche violenti della madre verso il figlio che ne rivelavano il disinteresse e l'inidoneità a svolgere le funzioni genitoriali; quindi chiedono di annullare la sentenza impugnata nella parte in cui aveva revocato la pronuncia di decadenza della responsabilità genitoriale e la nomina del Sindaco di Roma quale tutore.

Il motivo è inammissibile.

La statuizione di decadenza di A.H. dalla responsabilità genitoriale è stata adottata del Tribunale dei minori con decreto (riformato dalla Corte di merito con il decreto ora impugnato) nel procedimento instaurato dai coniugi E.- M. per ottenere, non solo, la proroga sine die dell'affidamento etero familiare, ma anche la sospensione degli incontri tra la madre e il figlio e, valutati i comportamenti della madre biologica, l'assunzione ex artt. 333 e 336 c.c. dei "provvedimenti convenienti" nell'interesse del minore.

La controricorrente A.H. ha fondatamente eccepito il difetto di legittimazione dei predetti coniugi a chiedere l'adozione di provvedimenti di decadenza o sospensione dalla responsabilità genitoriale e quindi a proporre il motivo in esame, avente direttamente ad oggetto la statuizione relativa alla responsabilità genitoriale.

Premesso che, a norma dell'art. 336 c.c., "i provvedimenti indicati negli articoli precedenti (in tema di decadenza dalla responsabilità genitoriale) sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero", i predetti coniugi non erano legittimati a chiedere al Tribunale l'adozione di provvedimenti de potestate nei confronti di A.H., non essendo parenti ma affidatari del minore o, più correttamente, collocatari richiedenti la proroga dell'affidamento sine die.

Altri soggetti interessati, tra i quali anche gli affidatari, possono rivolgere al pubblico ministero segnalazioni e richieste perchè attivi il procedimento de potestate, ma non sono legittimati ad agire direttamente nè, di conseguenza, a proporre motivi di impugnazione avverso le relative statuizioni.

La L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 5, comma 1, nel testo sostituito dalla L. 19 ottobre 2015, n. 173, ha previsto che gli affidatari devono essere convocati, a pena di nullità, anche nei procedimenti in materia di responsabilità genitoriale, ed hanno facoltà di presentare memorie scritte nell'interesse del minore, ma non ha attribuito ad essi la qualità di parte formale, non avendo inciso sulla previsione contenuta nella norma speciale di cui all'art. 336 c.c. che, individuando i soggetti legittimati ad agire in materia, è insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica.

I coniugi ricorrenti sono invece legittimati a proporre il primo motivo, che denuncia violazione degli artt. 315 bis e 336 bis c.c., 12 della Convenzione di New York 20 novembre 1989 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, per non avere disposto l'audizione del minore, come (si assume) richiesto nel giudizio di primo grado e in sede di reclamo.

La seconda censura relativa all'audizione personale del minore riguarda infatti, non solo, la questione della decadenza della genitrice dalla responsabilità genitoriale (cui si riferisce il secondo motivo), ma anche quella della proroga dell'affidamento biennale etero familiare (implicitamente respinta), sulla quale sussiste la legittimazione dei ricorrenti, avendone fatto richiesta.

Il motivo è però infondato.

Un dovere incondizionato dei giudici di merito di ascoltare il piccolo A. non sussisteva, anche tenuto conto che egli era infradodicenne (aveva circa nove anni al momento della sentenza del Tribunale e circa dieci al momento della sentenza emessa sul reclamo), come già ritenuto da questa Corte con riferimento all'analoga disposizione di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 15 che, in tema di dichiarazione di adottabilità, prevede l'audizione del minore solo se capace di discernimento, all'esito di una valutazione che è espressione di un potere discrezionale del giudice di merito che non ha l'obbligo di motivare sulle ragioni dell'omessa audizione (Cass. n. 5676 del 2017). Nell'articolata e approfondita motivazione del decreto impugnato, inoltre, risulta implicitamente valutato il grave disagio psicologico vissuto dal bambino che ne aveva minato le capacità di pieno discernimento e ne sconsigliava l'audizione personale.

Il terzo motivo, denunciante violazione dell'art. 91 c.p.c., in ordine alla condanna alle spese della fase di reclamo che si assume non consentita, è infondato. La condanna alle spese giudiziali nel procedimento promosso in sede di reclamo, ex art. 739 c.p.c., avverso provvedimento reso in camera di consiglio, è infatti ammessa, profilandosi comunque un conflitto tra parte impugnante e parte destinataria del reclamo, in tal senso il giudizio può dirsi contenzioso, la cui soluzione implica una soccombenza che resta sottoposta alle regole dettate dagli artt. 91 c.p.c. e ss..

In conclusione, il ricorso è rigettato.

Sussistono le condizioni di legge per disporre la compensazione delle spese della presente fase.

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.

In caso di diffusione della presente ordinanza, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019