Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 9139 - pubb. 19/06/2013

Sopravvenienze attive della società estinta e legittimazione dei soci in comunione; reclamo avverso il provvedimento di sospensione ex art. 615 c.p.c.

Tribunale Torino, 31 Agosto 2012. Est. Di Capua.


Procedimento esecutivo - Provvedimento di sospensione - Reclamo - Applicazione degli articoli 624 e 669 terdecies c.p.c. - Ammissibilità.

Società - Società di persone - Cancellazione dal registro delle imprese - Estinzione - Presenza di redditi non soddisfatti e di rapporti non ancora definiti - Sopravvenienze attive - Successione dei soci - Comunione potenziale ex articolo 1110 c.c. - Attribuzione dei beni residui dei soci in regime di comunione - Legittimazione ad agire dei soci per ottenere pro quota il soddisfacimento dei crediti della società estinta.



Deve condividersi l’orientamento della prevalente giurisprudenza di merito, in forza del quale il reclamo previsto dal combinato disposto degli art. 624 e 669-terdecies avverso i provvedimenti in materia di sospensione dell’esecuzione è estensibile anche al provvedimento sospensivo previsto dall'art. 615, comma 1 c.p.c.. In primo luogo, infatti il provvedimento di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo, ex art. 615 comma 1 c.p.c., ha evidente natura cautelare e, dunque, il reclamo di cui all’art. 669 terdecies c.p.c. deve ritenersi proponibile avverso tale provvedimento. In secondo luogo, si è anche correttamente osservato che l’ammissibilità del reclamo sulla decisione che concede o nega la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo deriva, oltre che dalla natura cautelare della decisione, dal fatto che l’art. 624 c.p.c. si riferisce a tutte le decisioni in tema di istanze di sospensione, senza che rilevi che una esecuzione sia concretamente iniziata, e posto che in caso contrario vi sarebbe una lesione del diritto di difesa della parte interessata. Infine, deve osservarsi che la nuova formulazione dell’art. 615 c.p.c. e la modifica introdotta in due tempi all’art. 624 c.p.c., hanno disegnato un nuovo istituto cautelare, che ricomprende non solo la sospensione del processo esecutivo ma anche la sospensione della esecutività del titolo: ambedue i provvedimenti debbono ritenersi soggetti a reclamo, attesa la evidente volontà in tal senso dimostrata dal legislatore che, dapprima, aveva introdotto all’art. 624 c.p.c. il reclamo in relazione alla sola ipotesi di opposizione alla esecuzione (615, 2° comma, c.p.c.) poi, a seguito della l. n. 52 del 2006, ha eliminato dal 1° comma dell’art. 624 c.p.c. il riferimento al 2° comma dell’art. 615 c.p.c., così estendendo il rimedio ad entrambe le ipotesi. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

A seguito delle tre pronunce delle Sezioni Unite della Cassazione in data 22 febbraio 2012, rispettivamente, n. 4060, n. 4061 e n. 4062, la cancellazione dal Registro delle Imprese produce l’estinzione della società di persone anche in presenza di crediti non soddisfatti e di rapporti non ancora definiti. Tra i rapporti non ancora definiti rientrano le c.d. sopravvenienze attive e passive ma, mentre per queste ultime il legislatore è intervenuto con una specifica previsione prevedendo, dopo la cancellazione, la responsabilità dei soci e/o dei liquidatori nei confronti dei creditori rimasti insoddisfatti (sia pure entro certi limiti), per le sopravvenienze attive non si è provveduto a dettare alcuna specifica disciplina. Considerato, tuttavia, che anche in presenza di sopravvenienze attive non può ritenersi possibile una sopravvivenza della società né una sua reviviscenza, deve concludersi che in tale ipotesi si verifichi un fenomeno di successione delle sopravvenienze nei confronti dei soci, divenendo le stesse oggetto di una comunione potenziale e particolare che non ha titolo nella legge (ex art. 1100 c.c.), ma trova origine nell’estinzione della sovrastruttura cui era imputato il bene residuo. Ne discende la necessaria attribuzione di quei beni residui ai soci, non essendovi altri possibili destinatari, con il conseguente instaurarsi del regime di comunione sui beni stessi. Dunque, una volta stabilito che la società cancellata è definitivamente estinta e che non può più avere alcuna capacità giuridica e processuale per agire per il recupero dei crediti, spetterà soltanto agli ex soci la legittimazione ad agire in giudizio ed a ottenere pro quota, secondo le norme sulla comunione, il soddisfacimento dei crediti di cui era titolare la società estinta. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Segnalazione del Dott. Edoardo Di Capua



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