Diritto Tributario


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 27575 - pubb. 29/06/2022

Svalutazione fiscale dei beni valutati a costi specifici

Commissione tributaria regionale Bologna, 24 Giugno 2022. Pres. Sinisi. Est. Morlini.


Svalutazione fiscale dei beni valutati a costi specifici – Immobile merce – Sussiste



E’ possibile la svalutazione fiscale anche dei beni valutati a costi specifici, quali gli immobili merce. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

La Commissione Tributaria Regionale per l’ EMILIA ROMAGNA Sezione 08, riunita in udienza il 10/06/2022 alle ore 11:30 con la seguente composizione collegiale:

SINISI NICOLA, Presidente

MORLINI GIANLUIGI, Relatore

ANDREOLI GIULIANO, Giudice

in data 10/06/2022 ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

- sull’appello n. 803/2019 depositato il 17/05/2019

 

proposto da

Ag. Entrate Direzione Provinciale Forli’ - Cesena - Corso Mazzini N. 17 47100 Forli’ FC elettivamente domiciliato presso dp.forlicesena@pce.agenziaentrate.it

 

contro

S.fin. Srl - 01984110401

Difeso da

Andrea Giannelli - GNNNDR70D25C573X

ed elettivamente domiciliato presso a.giannelli@legalmail.it

 

Avente ad oggetto l’impugnazione di:

- pronuncia sentenza n. 256/2018 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale FORLI’ sez. 1 e pubblicata il 11/04/2016

Atti impositivi:

- AVVISO DI ACCERTAMENTO n. THF03A000469 IRES-ALTRO 2011

- AVVISO DI ACCERTAMENTO n. THF03A000469 IVA-ALTRO 2011

- AVVISO DI ACCERTAMENTO n. THF03A000469 IRAP 2011

a seguito di discussione in pubblica udienza

 

FATTO

 

La controversia trae origine da un più vasto contenzioso che ha visto confrontarsi la società S.FIN s.r.l. e l’Agenzia delle Entrate di Forlì.

Più in particolare, la presente controversia riguarda un avviso di accertamento emesso dall’Ufficio relativamente all’annualità 2011, con il quale è stata contestata a fini IRES ed IRAP la svalutazione di rimanenze finali relativa a immobili merce, nonché la deduzione di costi ritenuti non inerenti.

L’accertamento è stato impugnato dalla contribuente davanti alla CTP di Forlì, che ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in ordine al recupero delle svalutazioni delle rimanenze a fini IRAP, a seguito di annullamento parziale da parte dell’Ufficio in sede di autotutela; ha rigettato l’impugnazione con riferimento alla indeducibilità dei costi sostenuti a favore del fornitore Leonardo Z.; ha invece accolto l’impugnazione, annullando in parte qua l’accertamento, con riferimento alla svalutazione a fini IRES degli immobili costituenti rimanenze finali, nonché alla inerenza delle spese sostenute a favore del consulente F. s.r.l.

Avverso la sentenza ha interposto appello l’Ufficio, ribadendo la propria tesi in ordine all’impossibilità di operare la svalutazione con riferimento agli immobili merce costituenti rimanenze, nonché alla non inerenza delle spese sostenute a favore del consulente F..

Ha resistito il contribuente, sul presupposto della correttezza della sentenza gravata, senza spiegare appello relativamente al recupero a tassazione delle spese sostenute a favore di Z..

L’Ufficio ha altresì depositato memoria ex art. 32 D.Lgs. n. 546/1992.

La controversia, così come richiesto dall’appellata, è stata discussa in pubblica udienza.

 

DIRITTO

 

a) Come esposto in parte narrativa, a seguito dell’articolata pronuncia di primo grado (che ha in parte dichiarato la cessazione della materia del contendere, in parte accolto ed in parte rigettato l’impugnazione), ed a seguito dell’impugnazione da parte del solo Ufficio, sono due le questioni oggetto del presente giudizio di appello: il recupero per il mancato riconoscimento della svalutazione delle rimanenze finali e il recupero per la non inerenza delle spese sostenute a favore del consulente F., entrambi annullati dal giudice di prime cure.

b) Relativamente al primo motivo di appello, concernente la svalutazione delle rimanenze finali, si osserva che l’avviso di accertamento ritiene indeducibile e riprende quindi a tassazione la svalutazione delle rimanenze, costituite da beni immobili, operata nel bilancio 2011, sul presupposto che la valutazione fiscale degli immobili merce deve essere effettuata sulla base del costo specifico, a nulla rilevando l’eventuale svalutazione di bilancio, poiché non sarebbe mai possibile la svalutazione a fini fiscali dei beni valutati a costi specifici, quali di regola gli immobili, così come opinato dalla risoluzione dell’Agenzia n. 78/2013.

Sul punto, va innanzitutto premesso che, secondo il pacifico insegnamento di legittimità, le risoluzioni dell’Agenzia sono meri pareri che non possono vincolare il Giudice (così, ex aliis, Cass. Sez. Un. n. 23031/2007 e Cass. n. 6699/2014).

Ciò posto e venendo al merito, correttamente la CTP ha osservato che le norme fiscali sul reddito d’impresa sono basate sul principio di derivazione dell’imponibile fiscale dal risultato di bilancio ai sensi dell’articolo 83 DPR n. 917/1986, cd. TUIR: pertanto, considerato che le norme sul bilancio impongono di iscrivere i beni in rimanenza alla minore valutazione tra costo di produzione e valore di mercato (cfr. art. 2426 n. 9 c.c., relativo a beni infungibili quali quelli per cui è causa), la svalutazione, in mancanza di una norma che espressamente ne disponga l’indeducibilità, come ad esempio nel caso dell’articolo 101 comma 1 TUIR per i beni strumentali, assume rilevanza anche fiscale; e tale principio deve applicarsi a tutte le rimanenze, siano esse valutate con i c.d. metodi alternativi o a costo specifico, salvo l’obbligo di ripristino allorquando venga meno la ragione della svalutazione e nei limiti della stessa.

Una deroga al principio non è infatti ricavabile dall’articolo 92 TUIR, atteso che il mancato richiamo al primo comma da parte del quinto comma, deriva dall’esigenza di specificare le modalità tecniche di svalutazione in presenza di un criterio convenzionale di determinazione del costo: si tratta di un’esigenza che evidentemente non ricorre per i beni valutati a costi specifici, potendo essi essere confrontati direttamente con i valori di mercato.

Del resto, sarebbe incomprensibile il motivo per cui i beni valutati con il criterio convenzionale avrebbero il beneficio della deduzione della svalutazione, mentre la svalutazione di quelli valutati al costo specifico non meriterebbe analogo trattamento: il concetto di valore normale o valore di mercato non è infatti riferibile solo ai beni valutabili per masse, ma è un concetto riferibile anche a beni unici, ovvero con caratteristiche di specificità tali da non consentirne il confronto con beni identici sul mercato.

Tale concetto di valore normale, infatti, non è, nella sostanza, che la riproposizione in chiave fiscale del valore di realizzazione desumibile dal mercato, ovvero il criterio di valutazione civilistico disciplinato dall’art. 2426 n. 9 c.c.

Non vi sono quindi ragioni per negare o ammettere la deducibilità della svalutazione dei beni in giacenza a seconda del criterio con cui viene determinato il costo, come si avrebbe, invece, accogliendo la tesi dell’Ufficio, poiché concorrono a formale il reddito d’esercizio tutte le variazioni delle rimanenze risultanti dal conto economico, indipendentemente dal loro criterio di valutazione.

E d’altronde, queste sono anche le conclusioni cui giunge l’associazione italiana dei dottori commercialisti, che con la norma di comportamento n. 168/2007 ha evidenziato che “l’art. 92 del Tuir nulla dispone in tema di valutazione delle rimanenze di magazzino trattate a costi specifici. Di conseguenza, anche alle rimanenze valutate con il criterio del costo specifico, si rende applicabile, ai sensi dell'art. 83, comma 1, del Tuir, il principio civilistico dell'art. 2426 n. 9 c.c., che prevede il confronto con il valore normale, come definito dall’art. 9 del Testo Unico”.

Pertanto ed in conclusione, ritenuta la deducibilità della svalutazione dei beni in giacenza, e ritenuto che l’accertamento dell’entità di tale svalutazione è stato effettuato dalla contribuente sulla base delle perizie di stima effettuate da tecnico indipendente in nessun modo contestate dall’Ufficio, va integralmente rigettato il primo motivo di appello, rimanendo assorbita la difesa subordinata del contribuente in ordine alla non applicabilità delle sanzioni in ragione della opinabilità della questione e del fatto che la risoluzione dell’Agenzia, qui applicata dall’Ufficio e contestate dalla contribuente, è comunque stata emessa dopo i fatti di causa.

c) Infondato è anche il secondo motivo di appello, concernente la pretesa non inerenza delle spese sostenute per una consulenza prestata dalla società F., che secondo l’Agenzia non sarebbero deducibili in quanto non sufficientemente documentate e comunque in parte sostenute a favore di società terze, pur se controllate.

In realtà e così come osservato dalla CTP, la documentazione acquisita in verifica dimostra la piena e integrale deducibilità del costo, poiché la società ha prodotto a supporto il contratto di consulenza e servizi concluso il 23/12/2010 e il successivo addendum del 12/12/2011, contenente la descrizione dell’attività svolta; è agli atti una relazione sull’attività svolta da parte della società di consulenza e il legale rappresentante ha rilasciato una dettagliata dichiarazione in merito a contenuto e finalità della consulenza stessa; l’oggetto della prestazione è pienamente compatibile con l’attività svolta dalla ricorrente, trattandosi di servizi relativi al piano di risanamento e di assistenza nell’individuazione degli strumenti idonei per il ripianamento della situazione debitoria, nella ricerca e nell’assistenza degli advisor (fiscali, legali e finanziari) per la redazione di un piano di risanamento ex art. 67 LF, nonché nell’attività di valorizzazione degli assets di proprietà di S.FIN e delle società partecipate.

Né colgono nel segno le contestazione dell’Ufficio, secondo le quali l’attività è volta anche a favore delle società partecipate, e vi sarebbero profili di incoerenza temporale tra l’attività di consulenza e le successive scelte operate dalla contribuente.

Infatti, da una prima angolazione è più che ragionevole che un piano di ristrutturazione debba provvedere alla integrale valutazione delle attività della società ristrutturanda, e dunque anche alla valutazione delle società partecipate.

Da altra angolazione, non si riscontra alcun profilo di incoerenza temporale tra l’attività svolta nel 2011 e 2012 da F. ed i trasferimenti di partecipazioni avvenuti successivamente nel 2013 e 2014, poiché è noto che, una volta trovato il potenziale acquirente delle quote sociali, intercorrono generalmente diversi mesi prima del perfezionamento dell’atto di trasferimento.

Per tali motivi, anche il secondo motivo di appello deve essere rigettato, con decisione conforme a quella assunta da CTR Bologna, Sez. IV, n. 220/2021, in una speculare controversia resa tra le stesse parti e riferita all’annualità 2012.

d) In ragione di tutto quanto sopra, l’appello va integralmente rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dagli artt. 15 D.Lgs. n. 546/1992 e 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 55/2014, sono quindi poste per il presente grado di giudizio a carico del soccombente Ufficio appellante ed a favore del vittorioso contribuente appellato, tenendo a mente un valore prossimo ai medi nell’ambito dello scaglione entro il quale è racchiuso il decisum di causa.

 

P.Q.M.

la Commissione Tributaria Regionale di Bologna sez. VIII

·         rigetta l’appello;

·         condanna Agenzia delle Entrate di Forlì a rifondere a S.FIN s.r.l. le spese di lite del presente grado di giudizio, che liquida in € 9.000 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettarie.

Bologna, 10/6/2022

Il Giudice

Gianluigi Morlini

Il Presidente

Nicola Sinisi