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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 22/12/2023 Scarica PDF

Concordato minore: abitazione o bene strumentale?

Astorre Mancini, Avvocato del Foro di Rimini, Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all'Università degli Studi di Milano - Bicocca



Orientamenti giurisprudenziali sulla prosecuzione del mutuo ipotecario in regolare ammortamento*


Sommario: 1. La prosecuzione del mutuo ipotecario gravante sull’abitazione nel concordato minore: interpretazioni giurisprudenziali non univoche 2. L’approccio liberale: il caso concreto deciso dal tribunale spezzino 3. L’orientamento restrittivo fondato sul dato letterale della norma 4. La posizione intermedia: la valorizzazione del consenso del creditore ipotecario 5. Alcune considerazioni a favore della tesi liberale  6. L’art. 75, c.3, CCII: una proposta di modifica 7. Ulteriori criticità (cenni)

   

Tribunale di La Spezia 21 settembre 2023, est. Barbuto

Concordato minore - Prosecuzione del mutuo ipotecario ex art. 75 co. 3 CCII – Bene gravato da ipoteca - Abitazione principale - Ammissibilità - Condizioni

 

È ammissibile la proposta di concordato minore prevedente la prosecuzione del mutuo ipotecario ex art. 75, c.3, CCII avente ad oggetto non già il bene strumentale per l’esercizio dell’impresa, ma l’abitazione principale del debitore, anche nel caso in cui l’immobile risultasse già assoggettato ad esecuzione forzata ad iniziativa di un creditore diverso dal titolare dell’ipoteca.

     

Tribunale di Ravenna, 13 ottobre e 18 novembre 2023, est. Gilotta

Concordato minore - Prosecuzione del mutuo ipotecario ex art. 75 co. 3 CCII – Bene gravato da ipoteca - Abitazione principale - Inammissibilità

 

In merito alla previsione relativa alla conservazione del mutuo ipotecario, l’art. 67, c. 5, CCII - che consente al consumatore in regolare ammortamento di rimborsare il mutuante garantito da ipoteca sull’abitazione principale alle scadenze convenute nel contratto di mutuo - non può estendersi analogicamente al concordato minore liquidatorio, che non la prevede né la richiama, avendo portata derogatoria della par condicio creditorum, in quanto in detta fattispecie il credito della banca è sottratto al concorso.

 

Tribunale di Rimini 4 dicembre 2023, est. Miconi

Concordato minore - Prosecuzione del mutuo ipotecario ex art. 75 c. 3 CCII – Bene gravato da ipoteca - Abitazione principale – Ammissibilità - Consenso del creditore ipotecario – Necessità - Condizioni

 

L’art. 75, c.3, CCII, a differenza di quanto previsto nella procedura del consumatore, non consente la prosecuzione del mutuo garantito da ipoteca sull’abitazione principale, in luogo del bene strumentale all’esercizio dell’impresa; tuttavia, è sempre possibile per il debitore, secondo le regole generali, ristrutturare il debito “lasciando fuori” dal negozio concordatario una posizione e stipulando con il creditore in questione un patto specifico ed esterno: purché ciò non sia lesivo dei diritti dei creditori trattati nel concordato, rispetto ai quali proposta e piano devono essere convenienti rispetto alla alternativa liquidatoria; questi, dunque, non devono vedersi privati della possibilità di trarre attivo utile dal bene che non viene messo a loro disposizione, né devono avere a loro disposizione una somma (nel caso di specie, la quota del reddito del debitore apprensibile dalla procedura) inferiore a quella che avrebbero nell’alternativa liquidatoria (in tal senso, cfr. Trib. Venezia 6.4.2023).

 

*

 

1. La prosecuzione del mutuo ipotecario gravante sull’abitazione nel concordato minore: interpretazioni giurisprudenziali non univoche

Le decisioni in rassegna vertono sulla speciale previsione della prosecuzione del mutuo ipotecario nelle procedure negoziali di sovraindebitamento, regolata dagli artt. 67, c.5, CCII e art. 75, c.3, CCII, nella fattispecie c.d. ‘incrociata’, caratterizzata dalla proposta di concordato minore prevedente la prosecuzione del mutuo con ipoteca gravante sull’abitazione principale del debitore e non sul bene strumentale all’esercizio dell’impresa.

In ordine alla prosecuzione del mutuo ipotecario, come noto la legge 3/2012 - tenuto conto che la disciplina era contenuta in un’unica disposizione, l’art. 8 - rendeva possibile l’applicazione della fattispecie ‘incrociata’, per cui nell’ambito dell’accordo di composizione, proponibile anche dal consumatore, la giurisprudenza ammetteva la proposta del debitore di proseguire il mutuo ipotecario gravante sull’immobile adibito ad abitazione, non già sul bene strumentale, per cui non era esclusa la possibilità, per il sovraindebitato che avesse maturato debiti d’impresa, di impostare una proposta di accordo finalizzata al ‘salvataggio’ dell’abitazione.

Con il Codice della Crisi le due fattispecie sono state disciplinate distintamente in istituti diversi, la ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 67, c.5, CCII) e il concordato minore (art. 75, c.3, CCII). Nel concordato minore, a cui non accede il consumatore, è ora prevista espressamente la sola fattispecie di prosecuzione del mutuo sul bene strumentale d’impresa, pur essendo frequente, come nei casi di cui alle decisioni in rassegna, l’ipotesi dell’imprenditore o del professionista indebitato che, se da un lato ha maturato debiti nell’esercizio dell’attività d’impresa o professionale, dall’altro lato ha cercato di preservare il proprio immobile residenziale proseguendo regolarmente nel pagamento delle rate del mutuo assistito da garanzia ipotecaria sullo stesso. 

Gli orientamenti giurisprudenziali emersi negli ultimi mesi, testimoniati dalle pronunce in commento, sono sostanzialmente riconducibili a tre diversi approcci ermeneutici.

La lettura più estensiva della norma, nei medesimi termini espressi dal tribunale spezzino in rassegna, è già stata offerta da Tribunale di Pistoia 13 dicembre 2022 e 21 marzo 2023[1], per il quale è ammissibile la proposta di concordato minore presentata dal professionista con debiti c.d. promiscui, prevedente la prosecuzione del mutuo ipotecario in regolare ammortamento avente ad oggetto l’abitazione principale, “essendo la libertà di contenuto del concordato compatibile con la scelta di escludere alcune posizioni creditorie e non liquidare l’immobile destinato ad abitazione, malgrado la legge faccia riferimento al solo bene strumentale all’esercizio dell’impresa (art. 75 c.3 CCII), a condizione che detta scelta non leda i diritti dei creditori”.

L’interpretazione più restrittiva, invece, in linea con il giudice ravennate nella decisione in rassegna, è stata espressa, a quanto ci consta, da Tribunale di Trieste 19 maggio 2023, Tribunale di Ferrara 23 maggio 2023 e Tribunale di Bologna 22 maggio 2023, che hanno negato l’ammissibilità di una proposta di concordato minore prevedente la prosecuzione del mutuo ipotecario avente ad oggetto la casa di abitazione, in quanto nell’art. 75, c.3, CCII “manca ogni riferimento alla casa di abitazione; rilevato, dunque, che pur tenendo conto della libertà di contenuto del piano, non pare potersi riconoscere l’estensione invocata dalla ricorrente”.

Una posizione intermedia si registra con la recentissima pronuncia Tribunale di Rimini 4 dicembre 2023, in commento, che riprende  quanto statuito da Tribunale di Venezia 6 aprile 2023, per cui, malgrado la norma escluda la prosecuzione del mutuo gravante sull’abitazione, è, comunque, ammissibile che il debitore proponga un concordato minore prevedendo che il credito garantito da ipoteca sull’abitazione sia pagato in conformità al piano di ammortamento, ma a condizione che risulti preventivamente acquisito “il consenso del creditore ipotecario”, e che ciò non leda i diritti dei creditori inclusi nel concordato.

 

2. L’approccio liberale: il caso concreto deciso dal tribunale spezzino

2.1. La vicenda del professionista

La pronuncia del tribunale ligure, con cui è stata disposta l’apertura della procedura di concordato minore, si segnala, dunque, per la lettura estensiva dell’art. 75, c.2, CCII, che consente la prosecuzione del mutuo ipotecario avente ad oggetto il bene strumentale all’esercizio dell’impresa, non anche l’immobile che costituisce abitazione principale del debitore.

Il caso al vaglio del giudice vede un professionista svolgere la propria attività di odontoiatra da oltre un ventennio; a seguito della situazione pandemica egli è incorso in un rilevante calo di fatturato, per cui, a fronte di elevati costi per l’acquisto e manutenzione degli strumenti e macchinari indispensabili all’attività, ha lasciato inadempiute le obbligazioni correnti, specie a seguito delle dimissioni, nel volgere di pochi mesi, delle proprie dipendenti, le quali hanno ottenuto decreti ingiuntivi nei confronti dell’ex datore di lavoro per crediti maturati a titolo di TFR, ferie non godute e tredicesima.

Il tribunale spezzino ha, dunque, ammesso al concordato minore in continuità il professionista con debitoria maturata nell’esercizio della propria attività, peraltro, sulla base di una proposta economica sostenuta integralmente da un familiare terzo assuntore (il cui  riparto risulta previsto secondo la regola c.d. della priorità relativa), tenuto conto che il debitore non è titolare di altri beni economicamente apprezzabili, “mentre i ricavi mensili della professione svolta e la pensione Enpam percepita mensilmente sono in sé appena idonei a consentire al ricorrente il mantenimento del proprio nucleo familiare, al netto dei costi supportati per la locazione dei locali adibiti a studio odontoiatrico, stipendio della collaboratrice, materiali e utenze, oltre al regolare pagamento del mutuo contratto per l’acquisto dell’abitazione familiare”.

L’esposizione debitoria nel caso in esame risulta, dunque, essenzialmente rappresentata - oltre che dal mutuo ipotecario contratto per l’acquisto della casa, le cui rate in ammortamento, peraltro, sono regolarmente pagate dal professionista - dai predetti crediti di lavoro e per finanziamenti richiesti per l’acquisto di attrezzature e beni strumentali.

L’attivo a disposizione, come osservato, deriva dalla liquidità messa a disposizione da un terzo assuntore dell’intero onere concordatario, rappresentato da un esborso complessivamente pari ad euro 69.450,00, subordinatamente alla omologa del concordato minore.

 

2.2. Le peculiarità della fattispecie concreta

Una prima particolarità del caso deciso dal tribunale spezzino riguarda la qualificazione del concordato proposto, rispetto alle due tipologie di cui all’art. 74 CCII: malgrado sia prevista la prosecuzione dell’attività professionale esercitata, la proposta concordataria sembra attratta alla fattispecie del secondo comma, dunque al tipo liquidatorio, considerato che l’attivo a disposizione dei creditori proviene integralmente da un terzo e che dall’esercizio dell’attività professionale non si ipotizza derivi alcuna utilità per il ceto creditorio, ma solo il sostentamento personale del debitore e del proprio nucleo familiare; tale eventuale qualificazione, dunque, impone il riscontro dell’aumento in “misura apprezzabile” delle risorse esterne poste a soddisfacimento dei creditori, rispetto alla provvista che il debitore potrebbe mettere a disposizione degli stessi.

Una seconda peculiarità è rappresentata dalla circostanza per cui, nonostante il regolare pagamento delle rate del mutuo ipotecario gravante sull’abitazione, detto immobile risulta assoggettato ad esecuzione forzata, promossa, evidentemente, non già dalla banca ma da un terzo creditore: ove si pervenisse all’omologazione del concordato minore, dunque, la prosecuzione del mutuo in regolare ammortamento determinerebbe l’estinzione del processo esecutivo in  corso e la cancellazione del pignoramento, con assoggettamento del creditore procedente alla falcidia concordataria, al pari di eventuali creditori intervenuti e ipotecari di grado successivo; peraltro, se è vero che il tribunale ha posto la condizione che la proposta non leda i diritti dei creditori, è ragionevole ritenere che dovrà essere resa dall’OCC la speciale attestazione di incapienza ex art. 75, c.2, CII, ai fini della falcidia dei creditori ipotecari di grado successivo, rispetto al valore dell’immobile mantenuto in proprietà dal debitore.

Il terzo elemento meritevole di segnalazione, ai fini che ci occupano, riguarda, appunto, la previsione della prosecuzione del mutuo ipotecario in fattispecie riguardante l’immobile adibito ad abitazione principale e non il bene strumentale all’esercizio dell’attività di odontotecnico.

Pur essendo le due fattispecie di prosecuzione del mutuo rigorosamente distinte, ed addirittura inserite come opzioni normative in procedure diverse, il tribunale ligure ha ritenuto non preclusa la possibilità per il professionista di accedere al concordato minore chiedendo di proseguire il mutuo con ipoteca iscritta sulla propria abitazione, diversamente, si osserva, verrebbe in evidenza un profilo di incostituzionalità della norma per irragionevolezza, risultando impedita la speciale tutela dell’abitazione all’imprenditore minore o al professionista a causa della tipologia di debiti maturata.

L’interpretazione analogica ammessa, dunque, conduce a ritenere che l’imprenditore individuale, minore o agricolo, o il professionista, possa proporre un concordato minore (addirittura, anche non in continuità), dimostrando di poter onorare con i propri redditi, ed eventualmente con l’ausilio di terzi, il regolare pagamento del mutuo ipotecario sull’abitazione, ed invocando a tal fine la disposizione di cui all’art. 75, co.3, CCII che consente, per quanto si dirà in prosieguo, di mantenere “fuori dal piano” il bene ed il relativo debito ipotecario, verificata la fattibilità economica e giuridica della proposta di concordato.

 

3. L’orientamento restrittivo fondato sul dato letterale della norma

Il Tribunale di Ravenna, nella decisione in rassegna, non sembra, invece, ammettere eccezioni di sorta rispetto alla possibilità, nel concordato minore, di proseguire il mutuo con ipoteca gravante sull’abitazione e non sul bene strumentale.

Il giudice è stato chiamato a decidere una proposta di concordato liquidatorio richiesto dall’ex socio illimitatamente responsabile di s.n.c. cancellata da tempo, sul quale sono residuati debiti d’impresa. Il ricorrente proponeva di definire la debitoria mettendo a disposizione risorse proprie, nella misura calcolata al netto delle spese necessarie alla prosecuzione del mutuo ipotecario gravante sull’abitazione, fino alla naturale scadenza, oltre ad un apporto di finanza esterna resa disponibile dal genitore.

Il giudice ha dichiarato inammissibile l’applicazione analogica dell’art. 67, c.5, CCII, che consente solo al consumatore - contraente in regolare ammortamento o autorizzato al pagamento del credito anteriore rimasto insoddisfatto - di rimborsare la banca garantita da ipoteca sull’abitazione principale, alle scadenze convenute nel contratto di mutuo.

La norma - osserva il Tribunale -  avendo portata derogatoria della par condicio creditorum, “non può estendersi analogicamente al concordato minore liquidatorio, che non la prevede né la richiama”, in quanto volta a consentire il pagamento integrale di un creditore non necessariamente avente diritto secondo l’ordine delle cause legittime di prelazione[2].

Ammettere la prosecuzione del mutuo sulla casa, argomenta il giudice, condurrebbe alla salvezza dell’abitazione principale del debitore a scapito eventuale di ragioni di credito concorrenti ed antergate, il che determinerebbe una sorta di prededuzione speciale, “venendo, per tale via, il credito della banca, sottratto alle regole del concorso”.

A fronte di uno specifico rilievo del ricorrente, il giudice nega, altresì, che il disallineamento con la procedura del consumatore determini un profilo di incostituzionalità della norma per irragionevolezza, dato che la circostanza che il legislatore abbia voluto riconoscere prevalenza al diritto di abitazione del consumatore nella ristrutturazione ex art. 67 CCII, a scapito delle altre categorie di persone fisiche aventi accesso alle residue procedure di sovraindebitamento (concordato minore e liquidazione controllata), “appare opzione di politica legislativa non sindacabile, nemmeno sotto il profilo della ragionevolezza”, avendo il legislatore, nel bilanciamento tra le opposte esigenze di tutela, “preferito accordare prevalenza alle istanze conservative e alle esigenze abitative del consumatore sovraindebitato, lasciando, di contro, allo spiegarsi ordinario delle regole del diritto concorsuale i medesimi interessi allorché invocati da soggetti privi di tale qualifica soggettiva”.

 

4. La posizione intermedia: la valorizzazione del consenso del creditore ipotecario

Il Tribunale di Rimini, con la decisione in rassegna, è stato chiamato a decidere l’ammissione di un concordato minore in continuità ‘professionale’, ex art.74, c.1, CCII, proposto da un professionista a partita Iva con lo scopo preciso di salvaguardare la propria abitazione di cui è titolare in comproprietà con la moglie, posta a garanzia di un mutuo fondiario in regolare ammortamento.

Partendo dal presupposto che sia “sempre possibile per il debitore, secondo le regole generali, ristrutturare il debito ‘lasciando fuori’ dal negozio concordatario una posizione e stipulando con il creditore in questione un patto specifico ed esterno”, il giudice riminese ha chiarito di ritenere ammissibile una proposta di concordato minore che escluda dal piano sia il bene che il debito, alla duplice condizione, tuttavia, che risulti concluso un pre-accordo o patto paraconcordatario con il creditore ipotecario - le cui ragioni di credito vengono pertanto regolate fuori dal concordato - e che “ciò non sia lesivo dei diritti dei creditori trattati nel concordato, rispetto ai quali proposta e piano devono essere convenienti rispetto alla alternativa liquidatoria”.

Dunque, con il consenso del creditore ipotecario e l’oggettiva convenienza per il ceto creditorio del concordato proposto, il piano viene ritenuto ammissibile, anche in riferimento alla prosecuzione del mutuo gravante sull’abitazione[3].

Ciò significa che in presenza di crediti privilegiati falcidiati (od anche solo pagati con dilazione), il gestore dovrà essere posto nelle condizioni di rendere la speciale attestazione ex art. 75, co.2, CCII, per cui, pur in presenza del predetto pre-accordo con il creditore ipotecario, ai crediti privilegiati il piano dovrà assicurare, comunque, “il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione”.  

 

5. Alcune considerazioni a favore della tesi liberale

Tra le varie posizioni emerse in giurisprudenza, quella più liberale appare senz’altro preferibile: per ragioni di sistema, non solo alla stregua del favor debitoris che connota l’interpretazione delle norme sul sovraindebitamento, si osserva che non c’è ragione di ritenere preclusa, all’imprenditore minore o al professionista, la possibilità di proseguire il mutuo ipotecario in regolare ammortamento avente ad oggetto non già il bene strumentale d’impresa ma l’immobile adibito ad abitazione principale.

A ben vedere, infatti, il legislatore sembra più attento al fatto che detta prosecuzione debba essere proposta “quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale [o professionale, n.d.r.]”, accordando il beneficio della prosecuzione del mutuo al debitore che intende mantenersi economicamente attivo, destinando ai creditori parte dei flussi prodotti dalla propria attività, aziendale o professionale.

In tal senso, dunque, appare fin troppo rigoroso l’orientamento che limita l’operatività della norma al bene strumentale all’esercizio dell’impresa, a maggior ragione ove si consideri che nella Direttiva Insolvency il legislatore europeo dedica un solo e specifico articolo alla tutela dell’abitazione, quale bene, tuttavia, direttamente riferito alla persona dell’imprenditore insolvente, equiparato evidentemente, quanto alla sua tutela, al bene essenziale per l’esercizio dell’attività d’impresa o professionale.

L’art. 23, comma 3 della Direttiva UE 2019/1023, dettato in tema di termini per conseguire l’esdebitazione, afferma che

“In deroga all'articolo 21, gli Stati membri possono prevedere termini più lunghi per l'esdebitazione qualora:

a)  siano approvati o disposti da un'autorità giudiziaria o amministrativa provvedimenti cautelativi a tutela dell'abitazione principale dell'imprenditore insolvente e, ove applicabile, della famiglia dell'imprenditore o dei beni essenziali per la prosecuzione dell'attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale dell'imprenditore; oppure

b)  non sia realizzata l'abitazione principale dell'imprenditore insolvente e, ove applicabile, della famiglia dell'impren­ditore”.

Tale disposizione comunitaria - ancorché dettata per tutt’altra questione rispetto al tema che ci occupa (ovvero, a regolamentazione dei termini per conseguire l’esdebitazione) - rileva ai nostri fini per dimostrare che nelle intenzioni del legislatore europeo la tutela dell’abitazione dell’imprenditore insolvente (per intenderci, non del debitore civile o del consumatore) è equiparata alla salvaguardia del bene essenziale per la prosecuzione dell’attività aziendale o professionale.

Detto altrimenti, ben consapevole che l’imprenditore insolvente è anche la persona fisica, imprenditore individuale o professionista, che intende risolvere il proprio stato di insolvenza ‘salvando’ l’abitazione principale, la Direttiva pone in stretta correlazione l’imprenditore (non il consumatore) con il bene - abitazione, malgrado quest’ultimo, certamente, non abbia alcun carattere di strumentalità rispetto alla prosecuzione dell’attività aziendale o professionale.

Non si comprende, dunque, il rigore del legislatore italiano (o meglio, dell’interprete) nel tenere assolutamente distinte le due fattispecie, disconoscendo completamente l’interesse dell’imprenditore insolvente alla presentazione di un piano di concordato in continuità finalizzato alla conservazione della propria abitazione principale, in presenza di una normativa europea che, al contrario, pone sullo stesso piano l’abitazione e il bene strumentale, offrendo loro analoga protezione.

Difficile non pensare che l’interpretazione letterale che si censura determini un profilo di incostituzionalità della norma per irragionevolezza, risultando altrimenti impedita la speciale tutela dell’abitazione all’imprenditore insolvente o al professionista a causa della tipologia di debiti maturata, tutela invece accordata al debitore civile o consumatore.

L’interpretazione analogica che si suggerisce, va ribadito, conduce a ritenere che l’imprenditore individuale, minore o agricolo, o il professionista, possa proporre un concordato minore in continuità, dimostrando di poter onorare con i propri redditi, ed eventualmente con l’ausilio di terzi, il regolare pagamento del mutuo ipotecario sull’abitazione.

Sotto diverso profilo, l’interpretazione letterale più rigorosa accrediterebbe un atteggiamento schizofrenico del legislatore, ove si consideri che il favor accordato alla prosecuzione del mutuo ipotecario sull’abitazione risulta essere assoluto nella ristrutturazione del consumatore, tenuto conto che tale fattispecie non richiede la speciale attestazione dell’OCC invece richiesta nel concordato minore per il bene strumentale d’impresa, per cui l’operazione può essere autorizzata anche in danno degli altri creditori, in quanto non entra in gioco né il valore dell’immobile (rispetto al credito ipotecario residuo) né altro limite[4].

Dunque, a fronte di un favore così forte accordato dal legislatore al bene rappresentato dalla casa di abitazione, perché mai tale tutela diventa recessiva a causa della natura dei debiti che si intendono regolare?!, a tal punto da precludere detta possibilità al debitore non consumatore?.

Proprio in ragione di tale massima tutela accordata al diritto di abitazione nella procedura ex art. 67 CCII, appare, quindi, oggettivamente irragionevole ipotizzare che il debitore ammesso al concordato minore - sia esso un imprenditore minore o un professionista o qualunque altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale - non possa proporre un piano preservando la propria casa di abitazione, ogni qualvolta il mutuo ipotecario risulti in regolare ammortamento.

Piuttosto, una soluzione interpretativa possibile, di indubbio compromesso,  potrebbe essere quella che assoggetta la prosecuzione del mutuo ipotecario sull’abitazione, nel concordato minore, alla stessa regola prevista per il bene strumentale d’impresa, condizionato alla speciale attestazione dell’OCC prevista dall’art. 75 c.3 CCII - come detto, non presente nell’analoga fattispecie ex art. 67 c.5 CCII -, avente ad oggetto la circostanza in fatto per cui “il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori[5]

Il rispetto di tali criteri, come si è visto, è preteso anche dalla citata giurisprudenza che ammette la prosecuzione del mutuo gravante sull’abitazione con il consenso del creditore ipotecario, ritenuto necessario ma non sufficiente.

Così il Tribunale di Rimini, nella decisione in rassegna, se da un lato consente detta prosecuzione in forza di un “patto specifico ed esterno” con la banca mutuante, dall’altro lato pretende che “ciò non sia lesivo dei diritti dei creditori trattati nel concordato, rispetto ai quali proposta e piano devono essere convenienti rispetto alla alternativa liquidatoria; questi, dunque, non devono vedersi privati della possibilità di trarre attivo utile dal bene che non viene messo a loro disposizione , né devono avere a loro disposizione una somma (la quota del reddito del debitore apprensibile dalla procedura) inferiore a quella che avrebbero nell’alternativa liquidatoria”.

   

6. L’art. 75, c.3, CCII: una proposta di modifica

Nel quadro interpretativo sopra delineato, tenuto conto che il legislatore è in procinto di licenziare un Correttivo al Codice della Crisi, e proprio per i limiti imposti all’interprete dal dato letterale della norma, in altro contributo[6] si è proposto di modificare l’art. 75 c.3 CCII nei termini che seguono:

         

Articolo 75

Documentazione e trattamento dei crediti privilegiati

1.      […]

2.      […]

3. Quando è prevista la continuazione dell’attività aziendale, è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante sull’abitazione principale o su beni strumentali all'esercizio dell'impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. L'OCC attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione dei beni strumentali all'esercizio dell'impresa effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.

 

Peraltro, come già osservato, la modifica proposta, con l’indicazione espressa della possibilità di prosecuzione del mutuo ipotecario avente ad oggetto l’abitazione principale, porta con sé la questione del contenuto della relazione particolareggiata riservata all’OCC dall’art. 75, c.3, ultimo periodo, CCII, per cui nella speciale fattispecie della prosecuzione del mutuo sul bene strumentale d’impresa dovrà prevedersi l’attestazione circa l’assenza di lesione delle ragioni dei creditori.

Nella modifica normativa suggerita, invece, si assume che tale speciale attestazione permanga per la sola fattispecie del mutuo gravante sul bene strumentale d’impresa, per cui di fatto l’estensione al bene costituito dall’abitazione viene assimilata alla fattispecie disciplinata nella ristrutturazione dei debiti del consumatore, sul presupposto della tutela ‘incondizionata’ accordata dal legislatore all’immobile adibito ad abitazione principale del debitore, ancorché questi acceda alla procedura di concordato minore per definire una debitoria (anche) d’impresa.

In alternativa, il legislatore potrà mantenere come necessaria l’attestazione dell’OCC anche ove l’oggetto del mutuo in prosecuzione fosse l’abitazione principale, così confermando il medesimo impianto previsto per il mutuo sul bene strumentale.


7. Ulteriori criticità (cenni)

Se la questione dell’oggetto del mutuo viene in evidenza, indubbiamente, per i numerosi casi emersi nella prassi - in cui l’imprenditore o il professionista propone la prosecuzione del mutuo non già sul bene strumentale ma sull’abitazione - nondimeno la giurisprudenza sarà chiamata a risolvere una congerie di criticità che la fattispecie normativa porta con sé.

Va ricordato che, con riferimento alla costruzione della proposta con il mutuo in prosecuzione, l’approccio ermeneutico prevalente, nel periodo successivo all’introduzione dell’istituto nella l. 3/2012, è stato quello che sancisce l’estraneità dal piano o dall’accordo del rapporto di mutuo, così da tenere fuori da detto perimetro sia il debito che il bene.

La fattispecie pone, tuttavia, una serie di questioni quali la risoluzione o meno del mutuo bancario alla data di accesso alla procedura di sovraindebitamento[7], il riverbero che la fattispecie determina sulla durata del piano e il giudizio di fattibilità del concordato,[8] nonché circa l’operatività del principio delle cause legittime di prelazione[9] e lo speciale contenuto dell’attestazione dell’OCC ex art. 75, c.3, ult. periodo, CCII, rispetto alla dichiarazione c.d. di incapienza eventualmente resa dall’OCC ai fini della falcidia dei creditori assistiti da  privilegio, pegno o ipoteca[10].

Vanno, inoltre, chiarite altre criticità, quali la sorte delle ipoteche successive, gli effetti propri della sentenza di omologa (ovvero, se essa involga anche le obbligazioni derivanti dal rapporto negoziale in prosecuzione, con ogni conseguenza in ordine alla eventuale revoca della sentenza); il riconoscimento o meno del diritto di voto in favore del creditore ipotecario; l’azione di risoluzione del concordato minore in caso di inadempimento successivo al contratto di mutuo; la classificazione bancaria del sovraindebitato in pendenza della fase esecutiva del concordato minore omologato; non ultimo il permanere delle funzioni di sorveglianza dell’adempimento del concordato proprie dell’OCC[11].

Le suddette questioni non sono state espressamente disciplinate dal legislatore, che ha demandato alla giurisprudenza, evidentemente, il compito di trovare una qualche regolamentazione: la scelta operata sul punto dalla prevalente giurisprudenza, peraltro, è stata quella di lasciare volutamente “estraneo al piano il credito da finanziamento e l’immobile ipotecato adibito a sua abitazione principale[12], così da evitare di incorrere proprio nelle criticità sopra evidenziate, non ultimi i profili di fattibilità economica e giuridica oggetto di attestazione dell’OCC e del successivo giudizio di omologazione.

 



* L’Autore è avvocato in Rimini e Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto Fallimentare all’Università degli Studi di Milano – Bicocca. Le decisioni in commento sono corso di pubblicazione in questa Rivista.

[1] Tutte le decisioni citate nel presente contributo sono pubblicate, o in corso di pubblicazione, in questa Rivista.

[2] Il Tribunale, nel ribadire che “al non consumatore non spetta tale forma di tutela”, giunge a suggerire, quale modalità di salvataggio dell’abitazione, di proporre ”al creditore ipotecario il pagamento parziale del credito nei limiti di capienza e degradazione al chirografo per l’eccedenza, ciò che – in termini schiettamente finanziari – implica un minore dispendio di risorse rispetto al pagamento integrale ‘extra concorsuale’ ex art. 67 c. 5 CCI)”.

[3] Peraltro, si pone il problema se il consenso del creditore ipotecario vada raccolto prima e al di fuori della procedura o se possa derivare da una espressa o tacita adesione al piano proposto dal debitore, da accertare dentro la procedura. È ragionevole ritenere che l’adesione sia anteriore al deposito della domanda, dovendosi altrimenti ipotizzare il rilascio di una relazione condizionata dell’OCC in ordine alla fattibilità economica e giuridica del piano. Peraltro, ancorchè in fattispecie di procedura del consumatore, ove, peraltro, non c’è una fase di voto, Tribunale di Modena 20 settembre 2023, est. Ovi, ha richiesto dal creditore l’espressione di un consenso esplicito, eventualmente anche in sede di presentazione delle osservazioni del creditore ex art. 70, c.3, CCII. Il Tribunale di Rimini, nella decisione in rassegna, indica la necessità di un “patto specifico ed esterno”, lasciando intendere, appunto, che vada acquisito prima del deposito della domanda di accesso al concordato.

[4] Ciò ha portato la migliore dottrina a ritenere che “vada esclusa ogni interpretazione restrittiva della disposizione”, attesa l’attenzione del legislatore verso il debitore particolarmente debole “nella tutela del fondamentale diritto all’abitazione”, addirittura “superando la speciale tutela dei creditori che possono opporsi all’omologazione” della ristrutturazione del consumatore con la contestazione della convenienza ex art. 12 c.2 e art. 12 bis c.4 l. 3/2012, oggi art. 70 c.9 CCII. Così ZANICHELLI, in “Il corposo restyling della legge sul sovraindebitamento”, Il Fallimento, 4/2021, all’indomani dell’introduzione della doppia fattispecie di prosecuzione del mutuo ipotecario nella legge 3/2012, con il d.l. 28 ottobre 2020 n.137, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020 n.176.

[5] Tribunale di La Spezia 21 settembre 2023, in rassegna, ha osservato: “Il gestore nominato quale OCC ha precisato la convenienza della proposta concordataria rispetto all’alternativa liquidatoria, dando atto che l’eventuale vendita dell’unico cespite immobiliare intestato per l’intero al ricorrente (oggetto di espropriazione forzata) permetterebbe al massimo di soddisfare il creditore ipotecario, al netto delle spese prededuttive ivi maturate dal creditore procedente, mentre tutti i restanti creditori resterebbero insoddisfatti, tenuto conto dei ricavi medi e della pensione percepiti mensilmente dal ricorrente, in sé idonei a far fronte esclusivamente alle spese di mantenimento e pagamento del mutuo ipotecario”.

Tribunale di Pistoia 21 marzo 2023, in questa Rivista, nello stesso senso del giudice spezzino, osserva che la possibilità di prosecuzione del mutuo sull’abitazione nel concordato minore, “passa dalla verifica che il rimborso delle rate a scadere del mutuo in regolare ammortamento non leda i diritti degli altri creditori”, avendo l’OCC nel caso concreto “ragionevolmente previsto che l’eventuale interruzione dei pagamenti e la vendita dell’immobile non consentirebbe l’integrale soddisfazione del creditore ipotecario e non determinerebbe, quindi, alcun surplus in favore degli altri creditori, non apparendo quindi lesiva dei loro diritti la scelta di non liquidare il bene”.

[6]Procedure di Sovraindebitamento: venti proposte per il correttivo”, scritto con G. LIMITONE, F.CESARE, A.FERRI e F.TOMBOLINI, in questa Rivista, dicembre 2023.

[7] Tribunale di Bari 27 ottobre 2021, in questa Rivista.

[8] Tribunale di Rimini 10 giugno 2021, inedita, ha ritenuto non fattibile una proposta di accordo ex l. 3/2012 in cui il mutuo in prosecuzione risultava “incluso” nel piano, anche in relazione alla sua durata.

[9] Ci si riferisce al profilo relativo all’utilizzo di finanza mobiliare del debitore per il pagamento delle rate del mutuo, in apparente violazione del principio ex art. 2741 c.c. se è vero che il creditore ipotecario non è assistito dal privilegio mobiliare generale.

Con la decisione in rassegna Tribunale di Ravenna 18 novembre 2023, il giudice statuisce l’inammissibilità del concordato anche in ordine a tale aspetto, osservando che “appare evidente che il debitore intenda far ricorso al proprio patrimonio mobiliare (e non a finanza terza) per pagare il creditore mutuante anche per la quota che eccede il valore di stima dell’immobile ipotecato, quota che corrisponde a un credito di natura chirografaria. Sicché, in sostanza, la proposta (che vede l’ovvia adesione para-concorsuale della Banca) sovverte l’ordine delle cause legittime di prelazione, prevedendo il pagamento di un debito chirografario con risorse che dovrebbero prioritariamente assegnarsi ai privilegiati mobiliari”.  

[10] La criticità è affrontata da Tribunale di Rimini 4 dicembre 2023, in commento, ove si osserva che il ricorrente “non ha dimostrato adeguatamente che il valore di liquidazione dell’immobile (indicato in ricorso in importo molto inferiore rispetto a quello a suo tempo stimato dal creditore fondiario), sommato alla rata mensile che col piano destina comunque al fondiario, sarebbe adeguato ad estinguere esclusivamente il debito ipotecario, e non comporterebbe alcun attivo ulteriore per i privilegiati (si tenga presente che il creditore previdenziale ed il creditore fiscale godono anche di privilegio immobiliare sussidiario); cosicché, allo stato, non ricorrono i presupposti per la falcidia dei privilegiati a norma dell’art 75 c 2 CCI, perché non è adeguatamente provato che ai privilegiati sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione”.

[11] Per un’analisi approfondita della questione, mi permetto di rinviare al mio contributo, “Sovraindebitamento: la prosecuzione del mutuo ipotecario dichiarato risolto dalla banca. Profili sistematici e criticità nella costruzione del piano del consumatore o dell’accordo”, pubblicato in questa Rivista, 12/2021.

[12] Così Tribunale di Milano 11 novembre 2022, in questa Rivista, resa in fattispecie di ristrutturazione ex art. 67 CCII.



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