Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 30810 - pubb. 01/03/2024

Acciaierie d’Italia: dichiarata l’insolvenza e l’inammissibilità del concordato

Tribunale Milano, 01 Marzo 2024. Pres., est. De Simone.


Amministrazione straordinaria - Concordato d gruppo - Compatibilità - Smembramento dell’originario gruppo - Effetti



I giudici ambrosiani, ricordato che “il Tribunale è chiamato ad esaminare in via prioritaria quella diretta a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale, dalla liquidazione controllata ed altresì dall’amministrazione straordinaria”, affermano giustamente che “tale regola di sistema va, peraltro, combinata con l’espressa previsione dell’art.2 comma 2 D.L. 347/2003 (novellato nel quarto periodo dal D.L. n.4/2024 del 18 gennaio 2024 entrato in vigore il 19 gennaio 2024), per cui dalla data di presentazione dell’istanza di ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi disciplinata dal D.L. n.347/2003 le domande di accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza disciplinati dallo stesso D.Lgs. n. 14 del 2019 non possono essere introdotte o proseguite. Il criterio di specialità impone, dunque, al Collegio l’obbligata declaratoria di improcedibilità della domanda di regolazione della crisi ex art. 44 CCII con riferimento ad Acciaierie d’Italia S.p.A., atteso che per questa società sussiste già l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, richiesta dal socio e pronunciata dal competente Ministero”.


Ciò, osserva il Tribunale, “ha implicato, di necessità, uno smembramento almeno parziale dell’originario gruppo d’imprese sul piano degli istituti della consensualità applicabili, dal momento che le regole e gli strumenti del CCII sono divenuti inaccessibili per Acciaierie d’Italia, il cui orizzonte concorsuale è oramai diversamente regolato.


Ora, essendo stata la domanda prenotativa proposta con riguardo ad un gruppo di imprese – ed essendo una delle imprese raggruppate ormai sottoposta ad un novero differente e divaricato di regole – si mostra indispensabile verificare se per le imprese residue persista la qualifica di gruppo autonomo, a mente dell’art. 2 comma 1 lett. h) CCII, pur a fronte del venir meno – ai fini del concorso – di una realtà produttiva dall’orbita operativa del gruppo stesso. Solo questo preliminare accertamento consente di riscontrare se la domanda, che le ricorrenti prospettano di natura concordataria di gruppo, possa reputarsi a tutt’oggi dotata in concreto di residuale autonomia con riguardo alle sole società rimaste in bonis, ovvero se la domanda primigenia – che quelle società le comprendeva tutte, inclusa Acciaierie – debba intendersi soggettivamente e oggettivamente inscindibile in ragione dell’unitarietà e indivisibilità operativa del gruppo, tanto da esser divenuta inammissibile ovvero improcedibile tout court a seguito dell’entrata di Acciaierie d’Italia S.p.A. in amministrazione straordinaria”.


Al riguardo, viene correttamente rilevato che per ammissione delle stesse società ricorrenti la gestione e l’andamento del gruppo dipendono “unicamente dall’attività produttiva di ADI, sui cui è concentrato il rischio di impresa, mentre le altre società del Gruppo sono completamente captive”. Anche all’udienza la difesa delle società ha chiarito che le imprese non sono in grado di operare in autonomia, sono tra loro interconnesse e presentano il management centralizzato in ADI S.p.A.. Ne deriva - per stessa ammissione delle ricorrenti - che può escludersi sin d’ora la possibilità di prospettare per le rimanenti società, nel termine richiesto ex art. 44 CCII, un piano unitario o piani reciprocamente collegati e interferenti secondo la previsione dell’art. 284 CCII, trattandosi di ipotesi palesemente impraticabile. Ne consegue che il ricorso di gruppo riferito alle tre società residue non può che essere dichiarato manifestamente inammissibile, ai sensi dell’art. 7 comma 2 lett.a) CCII, in quanto finalizzato ad una soluzione unitaria per un gruppo che la stessa parte ricorrente ammette essersi sfaldato. Ex lege va, quindi, disposta la revoca delle misure protettive ai sensi dell’art. 54 comma 2 e 4, e art. 55 comma 3 CCII” (il Tribunale ha quindi optato - probabilmente a ragione - per la declaratoria di inammissibilità anziché di improcedibilità, senza che ciò sembri tuttavia avere particolari implicazioni pratiche). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)



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