Diritto della Famiglia e dei Minori


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 16152 - pubb. 11/11/2016

Accordo davanti al Sindaco: Il Consiglio di Stato boccia la decisione del TAR e conferma la circolare del Ministero dell’Interno

Consiglio di Stato, 26 Ottobre 2016, n. 4478. Est. Noccelli.


Accordi di separazione o divorzio conclusi davanti al Sindaco – Divieto di patti patrimoniali – Divieto esteso all’assegno di mantenimento o divorzio – Circolare del Min. giustizia 6/15 – Esclusione – Legittimità – Sussiste



E’ legittima la Circolare del Ministero dell’Interno n. 6/15 del 24.4.2015, laddove interpreta l’art. 12, comma 3, terzo periodo, del d.l. n. 132/2014 che così recita “L’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale”. Per la circolare citata “Non rientra… nel divieto della norma la previsione, nell’accordo concluso davanti all’ufficiale dello stato civile, di un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di mantenimento), sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (c.d. assegno divorzile)”. La posizione così assunta è condivisibile atteso che l’espressione «patti di trasferimento patrimoniale» si riferisce, letteralmente, agli accordi traslativi della proprietà (o di altri diritti) con i quali i coniugi decidono, mediante il c.d. assegno una tantum (v., in particolare, l’art. 5, comma ottavo, della l. n. 898 del 1970), di regolare l’assetto dei propri rapporti economici una volta per tutte e di trasferire la proprietà o la titolarità di altri diritti sui beni da uno all’altro, anziché prevedere la corresponsione di un assegno periodico. La disposizione concerne propriamente, quindi, i «contratti con effetti reali» che, ai sensi dell’art. 1376 c.c., «hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto», nei quali «la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato» (c.d. principio consensualistico). Il divieto legislativo, riferendosi al «trasferimento» e non a tutte le modifiche del patrimonio, proibisce tutti i patti ad effetti reali, che i coniugi non possono inserire tra le condizioni economiche connesse alla separazione personale o al divorzio. Il legislatore – quando ha inteso riferirsi anche alle altre pattuizioni di ordine economico e, in particolare, anche ad accordi aventi effetti obbligatori, con i quali invece un coniuge assume l’obbligo di corrispondere periodicamente un assegno a titolo di mantenimento in favore dell’altro – ha dato rilievo alle «condizioni» economiche, esse sì onnicomprensive, perché disciplinanti tutti gli accordi economici, anche quelli ad effetti obbligatori. La riprova di questa chiara distinzione si rinviene proprio nell’art. 12, comma 3, del d.l. n. 132 del 2014, laddove è netta la differenza, nel linguaggio e nell’intendimento del legislatore, tra le «condizioni» e i «patti di trasferimento patrimoniale», secondo un rapporto di genus ad speciem tra le due espressioni che, diversamente, non avrebbe alcun senso precettivo e condurrebbe alla sostanziale disapplicazione dell’istituto innovativo in presenza di qualsivoglia accordo che rechi condizioni economiche, le quali inevitabilmente incidono, anche mediante la costituzione di obbligazioni, sul patrimonio dei coniugi. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Il testo integrale


 


Testo Integrale